
Fortunati i lettori di Parma che a maggio di quest’anno nella libreria “Diari di Bordo” hanno avuto la possibilità di incontrare dal vivo John Smolens per la presentazione del suo secondo romanzo pubblicato in Italia “Margine di fuoco” (Edizioni Mattioli 1885 traduzione di Sebastiano Pezzani, a cura di Chiara Voltini pagg.256 euro 16).
L’autore insegna dal 1996 alla Northern Michigan University ed ha pubblicato nove romanzi ed una raccolta di racconti, in Italia è uscito un suo noir (“Freddo”) presso Hobby & Work una quindicina di anni fa, purtroppo irreperibile. Siamo a Whitefish Harbour, nella Upper Peninsula sul lago Michigan. Qui intrecciano i propri destini Martin Reed, trentenne nativo del luogo di ritorno da Chicago con un passato misterioso, e Hannah una bella ragazza di diciannove anni che sta attraversando un momento complicato della propria vita. Ha avuto una relazione con Sean, figlio del capo della polizia locale, è rimasta incinta, fatta abortire mentre il suo giovane seduttore si è arruolato nei marines e si trova in Italia per, secondo la sua famiglia, “darsi una raddrizzata”.
Martin e Hannah avviano un rapporto completo e soddisfacente anche grazie all’aiuto di un cugino dell’uomo, Pearly, che trova nella sua vita solitaria, spesso affidata all’alcool, un motivo di interesse nel coinvolgimento attivo con la coppia. Ma Sean torna dall’Italia congedato in maniera frettolosa quanto sospetta e intende riallacciare il rapporto con la ragazza.
Fin qui il romanzo ci permette di entrare nella vita e le abitudini del luogo con accenti di interesse verso una comunità abbastanza chiusa quando non razzista e bigotta che nasconde le pulsioni certo non molto onorevoli di numerosi suoi abitanti attraverso il turismo del periodo estivo che, con le sue luccicanze posticce quanto stagionali, sotto la spensieratezza vacanziera (degli altri) annulla il contesto.
Rapporti personali e familiari in molti casi tendono ad accensioni brutali, interessi qualche volta sordidi si affacciano alla superficie, la discriminazione verso lo straniero (eppure Martin è del posto, ma se ne è andato) e il diverso non possono essere completamente nascoste. Pian piano una sorta di alone plumbeo avvolge la comunità al limite del sopportabile.
A questo punto la vicenda cambia tono virando verso il thriller con accensioni progressive anche di estrema violenza. La scrittura accompagna l’evolversi della storia e pur non facendo mancare momenti di tensione attraverso i rivolgimenti ed i colpi di scena riesce ad insinuare nel lettore una sorta di accettazione tranquilla di quanto accade attraverso una scrittura lieve, convincente in maniera quasi subdola per una materia che diventerà incandescente.
Siamo in territori lontani dai riflettori, in una situazione di stallo accidioso in cui se non te ne vai resterai per sempre appiccicato in una routine insopportabile tanto quanto facilmente prevedibile. Allora sorge inevitabilmente la domanda su ciò che ciascuno può fare per evitare la miscela esplosiva di rancore, esigenza di vendetta, cinismo, insoddisfazione, relazioni stanche, omertà diffusa, sessualità repressa, ottundimento alcoolico.
Il narratore ci fa arrivare pian piano alla risposta a questa domanda con la sicurezza consapevole e dolorosa in un crescendo costruito con grande abilità e governato con pienezza di mezzi dal santo dei romanzieri, quelli veri come John Smolens.
Ariodante Roberto Petacco