Unione Europea. I cittadini europei non possono aspettare. Un periodo di assestamento da superare in fretta: dopo le elezioni di David Sassoli alla presidenza del Parlamento e di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione ora l’Unione deve funzionare
La considerazione può apparire cinica ma in realtà è soltanto realistica: dopo i tanti discorsi pro e contro Ue pronunciati in campagna elettorale, dopo lo stop imposto dagli elettori dei 28 stati alle derive nazionaliste e sovraniste, dopo l’insediamento e le votazioni che hanno assegnato i primi incarichi significativi – due su tutti: la presidenza dell’assise di Strasburgo all’italiano David Maria Sassoli e quella della Commissione di Bruxelles alla tedesca Ursula von der Leyen – sarà bene che il Parlamento europeo riduca al minimo e superi in fretta il logico periodo di assestamento per passare a svolgere in modo compiuto il grave compito riconosciutogli dai regolamenti.
Una cosa più facile a dirsi che a farsi, se si pensa anche solo al numero di lingue parlate nell’emiciclo: la punta di un iceberg che nasconde sotto di sé le differenze culturali, sociali, religiose e, ovvio, politiche espresse dai vari parlamentari. Diversità che rendono davvero impegnativo l’avvio di un percorso comune che abbia come scopo non quello di soddisfare le singole aspettative o gli obiettivi dei singoli Stati, ma di creare qualcosa di positivo in un’ottica europea.
È facile capire, perciò, che ancora una volta, come è avvenuto per le varie legislature che si sono succedute dal 1979 (prime elezioni dirette) ad oggi, ci sarà bisogno di uno sforzo da parte di tutti – degli “anziani” come delle “matricole” – per far sì che, superate queste difficoltà, l’organismo inizi ad esaminare e votare i provvedimenti che potranno dare nuova spinta e nuovo entusiasmo alla realizzazione del “progetto Unione europea”.
Intanto, per chi si sente favorevole al processo di vera unificazione del vecchio continente, c’è la consolazione, non di poco conto, di quella che si può definire non solo “tenuta” ma, un fatto inimmaginabile alla vigilia delle elezioni del 26 maggio, “ripresa” della componente europeista. Sia a livello di elettorato che di rappresentanza. La prima conferma si è avuta con l’elezione del nostro Sassoli, avvenuta lo scorso 2 luglio: un’operazione con la quale il Parlamento ha rivendicato la sua autonomia rispetto ai disegni tracciati dai rappresentanti dei governi dei 28 e, nello stesso tempo, ha confermato la presenza di una solida, sia pure frammentata a livello politico, maggioranza favorevole al progetto di cui sopra.
Lo stesso neo presidente della assise ha confermato questa situazione nel suo discorso di insediamento: “Se siamo europei – ha detto, rivolgendosi ai suoi colleghi – è anche perché siamo innamorati dei nostri Paesi. Ma il nazionalismo che diventa ideologia e idolatria produce virus che stimolano istinti di superiorità e producono conflitti distruttivi… Non siamo un incidente della Storia, ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l’antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia”.
Una prova ancor più impegnativa attende la nuova presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, eletta a tale prestigioso incarico il 16 luglio, nel corso della sessione plenaria del Parlamento che si è tenuta a Strasburgo dal 15 al 18 luglio. Ridottissimo il margine dei voti favorevoli: 383 contro i 374 necessari; l’hanno sostenuta il Partito Popolare, i socialisti e democratici, i liberali e il Movimento 5 Stelle (che ha rivendicato l’importanza della scelta), ma alla fine, tra franchi tiratori e schede bianche, le sono mancati ben 75 voti. Hanno votato contro 327 parlamentari ( tra questi i rappresentanti della Lega), 22 gli astenuti, una scheda nulla.
A partire dal prossimo 1° novembre, quando succederà al lussemburghese Jean-Claude Juncker alla guida dell’esecutivo, la neo commissaria dovrà, quindi, dimostrare di essere capace di far cambiare idea almeno a quelli della sua maggioranza che non l’hanno votata.
Esponente di spicco dei cristiano democratici tedeschi, molto vicina ad Angela Merkel, già ministro della famiglia, del lavoro e della difesa nei suoi governi della cancelliera uscente, proprio questa vicinanza sta all’origine della “rivolta” da parte di alcuni europarlamentari tedeschi. D’altronde, il discorso di insediamento della von der Leyen non ha lasciato dubbi sulle sue posizioni in materia di Unione europea, a partire dall’affermazione che “l’Europa va rafforzata e chi la vuole far fiorire mi avrà dalla sua parte, ma chi vuole indebolire questa Europa troverà in me una dura nemica”. Una vera e propria dichiarazione di guerra nei confronti dei nazionalisti e sovranisti, rispetto ai quali si è dichiarata orgogliosa di non avere avuto il loro voto.
Antonio Ricci