Paolo VI morì il 6 agosto; venti giorni dopo venne eletto Giovanni Paolo I, morto dopo appena 33 giorni. Il 16 ottobre inizia il pontificato di Wojtyla
Tre papi in tre mesi è evento forse unico: il 6 agosto 1978 si spense Paolo VI; il 26 agosto, in un conclave rapido di sole quattro votazioni, venne eletto Giovanni Paolo I, che morì all’improvviso il 28 settembre dopo solo 33 giorni di regno; il 16 ottobre lo sostituì Giovanni Paolo II, il papa straniero venuto da un paese lontano.
Come i loro predecessori si trovarono ad affrontare il loro compito in un mondo che mutava velocemente e su basi ben diverse rispetto ai punti di riferimento delle coscienze nel passato, dati i grandi sconvolgimenti economici, sociali, politici e culturali intervenuti dopo la guerra.
A rinnovare la vita interna della Chiesa iniziò Giovanni XXIII con la convocazione del Concilio Vaticano II e con encicliche pertinenti ai diritti nel mondo del lavoro, al valore della democrazia, della solidarietà, della convivenza tra le diversità e della pace nelle terre del mondo, respingendo razzismo e ogni forma di violenza.
Paolo VI (G. Battista Montini di Brescia nato nel 1897), molto preparato e colto fu eletto nel 1963, affrontò l’impresa difficile di concludere i lavori conciliari e farsi voce di riferimento non solo dei cattolici nelle grandi tensioni globali dell’ingiusta divisione tra ricchi e poveri. L’enciclica “Populorum progressio” rivendica il diritto anzitutto dei paesi poveri a un progresso senza violenza e richiama il dovere dei paesi ricchi ad aiutarli. “Le ingiustizie vanno combattute e vinte. Lo sviluppo esige trasformazioni audaci”. Nel fermento della contestazione sessantottina uscì l’altra fondamentale enciclica ”Humanae vitae” per una “regolazione della procreazione umana” responsabilmente “secondo le leggi biologiche” per limitare le nascite e non usando i “mezzi artificiali”.
Gli “uomini delle Brigate Rosse” li invocò per la liberazione dell’amico Aldo Moro, non lo ascoltarono e neppure Dio, disse ai funerali con espressione di grave sofferenza: neanche tre mesi dopo morì.
Venne Albino Luciani, nato a Canale d’Agordo nel 1912, eletto col quorum di 101 voti su 111 cardinali votanti: il più alto nei conclavi del Novecento. La sua impronta innovatrice sta anche nella scelta del nome Giovanni Paolo, una coppia onomastica inedita da oltre mille anni. Mite d’aspetto ma fermo nell’affrontare i problemi, in coerenza con la sua precedente attività di vescovo di Vittorio Veneto e di patriarca di Venezia. Nei suoi 33 giorni da papa fece solo quattro udienze generali su umiltà, fede, speranza, carità, non volle cerimonia ufficiale di investitura, abolì il “noi” di maestà parlando di sé in prima persona, pregò Dio che è ”papà, più ancora è madre”, viene ricordato come “papa sorriso di Dio”, mistico e concreto cominciò ad occuparsi del governo della Chiesa sul piano dottrinale e pastorale, ma anche della crisi dello Ior, la banca vaticana. La tendenza al complottismo sempre cara a molti italiani ha alimentato sospetti che sia stato ucciso: il libro “Papa Luciani. Cronaca di una morte” di Stefania Falasca, frutto di molte analisi e testimonianze, destituisce di ogni fondamento la versione “noir”: fu una improvvisa morte naturale.
Dopo Adriano VI, morto nel 1523, ci vollero secoli per avere un papa non italiano: è il polacco Carol Wojtyla papa Giovanni Paolo II, eletto negli anni in cui “soffiava il nuovo vento dell’Est” che porterà alla fine del sistema politico sovietico, evento epocale che gli storici attribuiscono anche alla diplomazia del nuovo papa, che aveva sofferto le tante tragedie della sua terra: l’occupazione nazista, la strage degli ebrei e la distruzione del ghetto di Varsavia, la sovranità nazionale limitata dal controllo di Mosca, le tensioni nel mondo operaio, lui stesso era stato manovale nell’industria chimica Solvay. Il suo papato lungo 27 anni nel solco della innovatrice linea conciliare si è congiunto al richiamo alla tradizione e alla disciplina ecclesiastica. Tante le encicliche, centinaia i viaggi apostolici in tutto il mondo, anche quello a Cuba di grande valore politico, ha istituito le Giornate mondiali della gioventù, gli incontri di Assisi con le altre confessioni per la pace nel mondo, la denuncia radicale contro la mafia. Nel 1981 fu vittima di un attentato grave che compromise la sua salute. Conobbe momenti difficili all’interno stesso della Curia Vaticana, dove non tutto era in armonia: gestione dello Ior del card. Marcinkus, la sparizione di Emanuela Orlandi, la dissidenza controriformista del vescovo Lefebvre. L’invocazione “santo subito” ai suoi oceanici funerali è stata esaudita. In momenti duri per la Chiesa oggi, questi tre papi sono un sicuro riferimento, pur non ignorando l’omissione di denuncia di preti pedofili, sembra per ragioni polacche. (Maria Luisa Simoncelli)