
Domenica 4 marzo, terza domenica di Quaresima
(Es 20,1-17; 1Cor 1,22-25; Gv 2,13-25)
Il brano evangelico che la Chiesa propone per la meditazione di questa terza domenica di quaresima è tratto dal secondo capitolo del vangelo di Giovanni. Potremmo dire, in termini moderni, che in questi primi due capitoli, ci vengono presentati sia Gesù che il suo programma.
Nel bellissimo prologo del vangelo di Giovanni, Gesù è il centro della nuova creazione. Infatti sia il libro della Genesi, che il vangelo di Giovanni iniziano con le parole “In principio”. Gesù è il centro della nuova creazione ed è la luce del mondo. Gli uomini non hanno saputo e non sanno riconoscere quella luce perché non sono capaci, oppure non vogliono cambiare mentalità.
Il primo invito al cambio di mentalità l’evangelista lo indica per mezzo del racconto delle nozze di Cana (brano che precede immediatamente quello di questa domenica). Le giare nelle quali viene raccolta acqua sono il simbolo della religiosità che mette al centro la purificazione del corpo e l’attenzione meticolosa a non contaminarsi toccando cose o persone impure.
Il sangue, la malattia e la morte rappresentano il massimo pericolo contagio. L’acqua della purificazione viene trasformata da Gesù in vino. È giunto il momento in cui Dio, lo sposo, porta il vino del banchetto nunziale ed accoglie il popolo (la sposa) per un matrimonio di amore che duri fino alla fine dei tempi. In sostanza non è più l’essere puri, cosa tuttavia importantissima, il centro del discorso religioso ma l’amore dello sposo Gesù per tutti gli uomini. Perché il matrimonio sia veramente felice, gli uomini (la sposa) devono ricambiare l’amore dello sposo.
Ma c’era dell’altro che aveva bisogno di un cambio di mentalità: il rapporto con Dio. Il meraviglioso e ricchissimo tempio di Gerusalemme era ritenuto la casa degna del Signore. Ma, con il tempo e la convenienza, era venuta maturando una mentalità che aveva chiuso Dio proprio nel punto centrale del tempio, il Santo dei Santi. Ci si rivolgeva a Dio per ottenere benefici ed offrire in cambio sacrifici. Si guardava più alla qualità dell’animale sacrificato che al comportamento nella vita.
Noi sappiamo quanto Gesù avesse a cuore il vivere bene dei più deboli e bisognosi. Tuttavia, proprio a causa della purità e dell’impossibilità di offrire sacrifici preziosi, i deboli ed i bisognosi erano tenuti lontano dal tempio. Infatti sulla spianata una prima barriera non permetteva l’accesso agli stranieri, ai malati, agli storpi ed ai pubblici peccatori. Una seconda barriera non permetteva l’accesso alle donne, poi venivano fermati gli uomini ed infine i sacerdoti per lasciare al solo sommo sacerdote, in particolari occasioni, l’apertura del velo e la contemplazione dell’arca. In questo modo quelli che più hanno bisogno della presenza di Dio, più vengono tenuti lontani.
Le mentalità che coinvolgevano il concetto di sacrificio e quello delle barriere erano così profondamente radicate e mai messe in discussione, malgrado la predicazione dei profeti, che Gesù è costretto, per cercare di rimuoverle, ad un gesto eclatante.
Dopo aver fatto uscire tutti dal tempio, rovesciato i banchi dei cambiavalute molti gli chiedono conto del suo operato. La risposta è incomprensibile per i suoi interlocutori ma molto chiara per noi: il tempio nel quale si può incontrare il Padre è Gesù. Lì non vi sono barriere e, se ci sono preferenze, sono per coloro che hanno più bisogno.
Pier Angelo Sordi