Risanaci, Signore, Dio della vita

Domenica 4 febbraio. Quinta domenica del tempo ordinario
(Gb 7,1-4.6-7; 1Cor 9,16-19.22-23; Mc 1,29-39)

05vangelo“La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò, e la fece alzare prendendola per mano”. Gesù, attraverso il contatto fisico, e lo sguardo, restituisce alla persona la fiducia nel valore della sua vita. I gesti di misericordia e di tenerezza, il fatto di non giudicare, il rispetto per l’infinito valore di ognuno possono ristabilire l’equilibrio fisico, psichico, spirituale.
Anche noi oggi possiamo, e dobbiamo, ripetere i gesti di Gesù. “La febbre la lasciò ed ella li serviva”. Il servizio è la risposta al gesto d’amore e di solidarietà del Figlio. Lui prende su di sé il nostro male, condivide la nostra condizione, e ci dà forza standoci accanto. Alcuni di noi li porta a guarigione, a tutti gli altri dona solidarietà, amicizia e vicinanza, che si traducono in consolazione, e aiutano a vivere positivamente la malattia. Anche la prima lettura di oggi ci parla della sofferenza.
Giobbe soffre e non ne comprende la ragione. Crede in un Dio giusto e onnipotente. Ritiene di non meritare questo castigo. A tutti noi, almeno una volta nella vita è capitato di chiederci, come Giobbe: “Cosa ho fatto per meritarmi questo?”.
Allo stesso modo, se siamo onesti, ci siamo trovati, forse più spesso, nella condizione degli amici di Giobbe, a concionare e a giudicare: ”Se soffri, è perché, in qualche modo, te lo sei meritato”. O, peggio : “Dio vuole educarti, metterti alla prova”. Meglio tacere che fornire parole come queste.
Ma resta la domanda: Se Dio non vuole la sofferenza, perché, visto che è onnipotente, non la elimina? Dio è amore, è relazione amorosa, non usa i metodi che noi usiamo. Nell’onnipotenza di Dio, come la immaginiamo noi, proiettiamo la nostra volontà di potenza. È la Passione del Signore che fornisce una spiegazione di questo mistero.
La battaglia di Giobbe, (e di tutti quelli che soffrono), e quella di Dio sono un’unica battaglia. Il Signore ci ha creati e soffre con noi. La creazione non è finita, ci sono leggi inscritte nella natura che dobbiamo comprendere più a fondo, per combattere la sofferenza di tutti. Dio ci vuole collaboratori intelligenti alla sua creazione. Ci vuole figli adulti, non bambini viziati.
È nella lotta contro la sofferenza che s’incontra il Dio di Giobbe. La conoscenza di Dio è il premio di una lunga lotta contro la sofferenza e contro l’ingiustizia. Gesù guarisce i malati e gli indemoniati che vengono accompagnati da lui, ma non vuole pubblicità. Forse vuole metterci in guardia contro l’euforia ingannevole della facile popolarità, così ambita oggi. Lui preferisce il rapporto diretto, che mette a nudo fatica e autenticità. E, quando è stanco e scarico, prega. “Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava”. Anche noi abbiamo bisogno di energia, siamo sommersi da richieste e necessità. Il figlio ci insegna a prenderci il tempo per pregare, per restare in relazione personale e diretta con il Padre.

Pierantonio e Davide Furfori