Emanuele Rossi: “La Costituzione e don Milani”

Incontri con gli studenti del Belmesseri e del Malaspina in vista della “Settimana della Costituzione”

Emanuele_RossiNelle Lettere pastorali, unico libro di don Lorenzo Milani (“Lettera a una professoressa” è dei suoi allievi) il priore di Barbiana scrive che non importa che uno sia ricco o povero, basta che parli. Dare pieno possesso della parola, delle lingue, è stato l’elemento fondamentale del suo percorso educativo per cambiare la vita degli allievi, dare loro dignità, rivendicare i diritti. Parlare e conoscere, possedere competenze e dare gli strumenti per realizzarle è la sostanza garantita dalla nostra Costituzione.
Lo ha evidenziato Emanuele Rossi (nella foto) costituzionalista, prorettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa; citando l’incipit del Vangelo di Giovanni “In principio fu il Logos, il Verbo” ha desunto che il Verbo corrisponde a Dio.
Don Milani una sola volta scrisse una lettera di raccomandazione (pratica iniqua) per salvare dalla fame il suo alunno Mauro, poverissimo; l’imprenditore lo assunse ma a condizione che mai avrebbe scioperato, senza libretto di lavoro. Veniva violato l’art. 40 della Costituzione che garantisce il diritto di sciopero da esercitare nell’ambito delle leggi che lo regolano. Se Mauro avesse avuto capacità argomentative avrebbe potuto far valere le garanzie costituzionali, unica via di giustizia del povero contro i poteri forti.
Dopo tante gravissime tragedie la repubblica italiana, voluta dal primo suffragio universale della sua storia, si è data una Costituzione, promulgata dal Parlamento il 27 dicembre 1947, è il patto sociale con cui lo Stato scrive le leggi fondamentali, ha l’impronta di una nuova Italia che esce da una guerra terribile, divisa dal 1943 al 1945 in due governi contrapposti e occupata militarmente dai tedeschi, vuol cambiar pagina in modo radicale. Ripudia la guerra, riconosce i diritti inviolabili e la pari dignità di tutti e l’uguaglianza di fronte alla legge.
Poiché fare parti uguali fra diseguali non fa giustizia, l’art. 3 precisa che la repubblica deve rimuovere gli ostacoli economici e sociali che di fatto limitano libertà e uguaglianza. Il cittadino esercita la sua sovranità e non è al servizio dello Stato come sostiene il concetto di Stato etico, può opporre obbiezioni di coscienza. Sulla cittadinanza la nostra Costituzione non dice il principio giuridico (ius) per acquistarla o perderla, ma dice che uno non può esserne privato per ragioni politiche.
L’entusiasmo di libertà ed uguaglianza della prima ora si andarono affievolendo e logorando perché noi italiani siamo come siamo, poco coesi, capziosi e polemici, corruttibili e facili a perdere la memoria storica, per cui ai tempi di Don Milani, primi anni sessanta, già compromessi e violazioni delle garanzie costituzionali erano di nuovo presenti, e il datore di lavoro di Mauro si permetteva di assumerlo in nero. Il prof. Rossi ha esortato ad andare sui monti delle lotte, nei luoghi delle stragi, a Marzabotto del 27 settembre 1944, nell’estate a Sant’Anna di Stazzema, Vinca, San Terenzio e Bardine, se vogliamo capire le origini della Costituzione.

(m.l.s.)