
Un libro promosso da Rotary Club Carrara e presentato a Pontremoli
Il titolo del volume Le sette meraviglie della Lunigiana, edito a Lucca nel dicembre 2016 da Pacini Fazzi, ha qualcosa d’antico e di nuovo impulso.
Le sette meraviglie del mondo antico elencate dagli ellenisti danno spunto per individuare le certo minori originalità della Lunigiana: le statue stele, i castelli, le Alpi Apuane, il golfo della Spezia, le Cinque Terre, i luoghi danteschi, i paesi dei Librai e degli Stampatori.
Ognuna è stata contemplata con meraviglia e rinnovato interesse; i testi sono di Andrea Baldini, Romano Bavastro, Giuseppe Benelli, Elisabetta Carpitelli, Germano Cavalli, Nicola Gallo, Roberto Ghelfi, Angelo Ghiretti, Liano Gia, Gian Luigi Maffei, Mirco Manuguerra, Andrea Marmori; bellissime le foto di Walter Massari. Presentando il volume Giuseppe Benelli ne ha indicato la struttura portante, poi Andrea Baldini ha relazionato sull’anima propria della Lunigiana, terra di tanti poteri politici, ma con un forte senso di appartenenza della sua gente, dentro i confini dell’antica diocesi di Luni, abitata dai lunigianesi consapevoli dell’origine del nome “Lunezana” , dagli spezzini e val di Vara sui quali si sovrappose il nome di Liguria: una denominazione instabile nel Medioevo che ritorna con Napoleone. Le vecchie radici lunensi si formarono nel sec. X nel breve tempo del regno d’Italia di Berengario che costituì le tre nuove marche di Torino, Monferrato e degli Obertenghi con Tortona, Genova e Luni.
Un’identità è segnata dal dialetto, diverso nella fonetica ma con una sua originalità riconosciuta dagli studi specialistici, con sostrati dai domìni linguistici vicini e dimostrati da isoglosse, le linee di raccordo delle parlate. Nel sec. XV compare il vocabolo “apuano”: è l’umanista Annio da Viterbo che parla di Apua città nel pontremolese di cui non c’è nessuna traccia archeologica, ma Apuania fu detta la diocesi e Apuane sono le Alpi. Di queste espone aspetti e problemi Liano Gia, chirurgo e alpinista, prima dette “monti di Luni” (Dante Inf., XIX, 47) o “cave” e Apuane solo dopo l’unità d’Italia. L’aspetto emozionante delle Apuane ha inciso sul carattere della popolazione che ha una sua forza e anche rudezza. L’auspicio è che il complesso orografico non sia stravolto con escavazioni devastanti. Roberto Ghelfi delinea, oltre quello delle Cinque terre, il sistema territoriale delle Apuane “mare tempestoso pietrificato” come le descrisse Emanuele Repetti. Germano Cavalli richiama gli anni appassionanti della ricerca delle statue-stele, già note a pochi studiosi e diventate negli anni sessanta una riscoperta che ha coinvolto la popolazione, interessata a conoscerle e premurosa di raccoglierle: non fu facile conciliare l’orgoglio di tenerle nei siti di ritrovamento, ma nel 1975 si riuscì a radunarle nel castello del Piagnaro, con impegno preminente di Augusto Ambrosi.
Un libro che vuol suscitare curiosità e proiezione verso il futuro sfruttando ricchezze, che ci sono, ma indolenti a farle fruttare sono gli abitanti del territorio detto Lunigiana.
(m.l.s.)