Un racconto della Vigilia della Befana. Dalla paura alla gioia per i doni
In questa notte di pioggia e neve il fuoco è una buona compagnia. La legna che brucia sempre in modi diversi, le fiamme ondeggianti, i volti arrossati e i rumori improvvisi che destano dal sonno leggero, sono la scena dell’attesa.
Un silenzio di stanchezza e pigrizia invade la stanza. Fra le braccia del padre, il bambino aspetta. Ogni tanto sbircia la porta, si alza di scatto, si guarda intorno, si fa racchiudere nell’abbraccio sicuro. Ma quando arriva? L’attesa si fa eccitante e paurosa perché glielo hanno detto che l’aspetto della Befana non è quello di una bella signora, ma in fondo lascia regali e allora la paura si può sopportare.
Qui è sempre stato così: si è sempre dovuto pagare un piccolo prezzo alla gioia ed è un modo per educare all’attesa, al sapere aspettare, contro il ‘tutto e subito’. Dunque, si deve attendere ancora.
Ogni scoppiettio del fuoco mette in guardia, le ombre delle fiamme sulle pareti fanno pensare a strane presenze nella stanza. Ci vuole pazienza, ma glielo hanno raccontato che il cammino è lungo, la vecchia arriva da lontano e qualche volta ha le scarpe rotte e camminare d’inverno non è sempre facile. Sopporta bene il freddo, indossa una gonna e in testa ha un semplice fazzoletto. Si sposta velocemente in cielo cavalcando una scopa, altrimenti non riuscirebbe a portare tutti i regali che tiene nel sacco.Vola di città in città, si avvicina alle case con il suo passo incerto, nessuno riesce a vederla.
Tutto questo passa nella testa del bambino, che si chiede che bisogno ci sia di far portare i regali alla Befana. Ma da sempre è avvenuto così e ancora oggi non si portano i bambini ai grandi magazzini a scegliere i regali, ci si affida alla vecchina per rinnovare quel meraviglioso senso dell’attesa. Ora si sentono davvero i passi e un’ombra sembra davanti alla finestra: è lei? La mano del bambino stringe forte il braccio del padre, si irrigidisce, guarda e non guarda.
La mamma incoraggia il piccolo ad andare a vedere chi sta arrivando “Non avere paura”, dice con voce rassicurante. Un invito ad affrontare l’ignoto con coraggio.
Faceva parte dell’educazione familiare, di un po’ di tempo fa, quando ogni occasione era buona per allevare ragazzi coraggiosi, soprattutto quando si trattava di esplorare luoghi sicuri, altrimenti si spaventavano i bambini per allontanarli dal pericolo. No, non è lei. La tensione si allenta.
Forse questa sera non verrà, le consegne sono tante e qui arriverà soltanto a notte fonda. Tanto vale lasciarsi andare al sonno e sperare di trovare, il giorno dopo, le tracce del passaggio della Befana.
Perché il tempo dell’attesa porta con sé anche quello delle promesse mantenute e domani alla luce del sole tutto sarà diverso: la paura lascerà il posto alla gioia e ai regali. Della notte rimarrà comunque il lungo e rassicurante abbraccio del padre.
(Fabrizio Rosi)