Quel giorno la violenza dei fascisti colpì Pietro Bologna

L’esponente socialista, già sindaco, fu schiaffeggiato e gettato a terra. Morì lontano da Pontremoli pochi mesi dopo

Pietro Bologna (1864 – 1925)

Tra gli antifascisti, il 20 settembre 1924, la ferita aperta dall’assassinio di Giacomo Matteotti era ancora troppo recente. Il corpo del deputato socialista, infatti, era stato trovato nella campagna romana appena sei settimane prima.
E a Pietro Bologna non piacevano quei due giorni di cerimonie pontremolesi per l’inaugurazione del monumento ai Caduti, infarcite di retorica e utilizzate dal fascio pontremolese per la propria propaganda. E non si trattenne dal manifestarlo.
Aveva sessant’anni, Bologna, nato il 14 giugno 1864; consigliere comunale fin dal 1889, era stato sindaco di Pontremoli dal 1910 al 1920 e aveva assunto numerose iniziative a favore dei ceti più popolari, per il lavoro, la lotta all’analfabetismo, il miglioramento delle condizioni di vita.
La demolizione della chiesa di San Colombano, per la costruzione del nuovo ponte sul Verde – peraltro già decisa dalla precedente amministrazione comunale – era stata una rinnovata occasione di scontro con la Curia locale.
Ma i rapporti erano difficili da tempo; del resto ancora da giovane avvocato aveva iniziato a prendere le parti degli emarginati, degli sfruttati, dei senza speranza, mettendosi in aperto contrasto con la parte più benestante della società locale.

La lapide dedicata a Pietro Bologna e collocata a Pontremoli nella via omonima nel 1964

La polizia del Regno lo aveva schedato e arrestato quale sovversivo; quella fascista aveva continuato a tenerlo sotto controllo e il fascio locale, nato a Pontremoli fin dal 1920, primo in tutta la provincia, ne aveva fatto uno dei bersagli preferiti.
Pietro Bologna, che pure aveva avviato il lungo iter per la sua realizzazione, non vide la cerimonia di inaugurazione del monumento. La sera prima, infatti, sabato 20 settembre, aveva assistito al concerto della Filarmonica Pontremolese; al termine era stato riconosciuto e circondato minacciosamente da un gruppo di giovani fascisti locali.
È probabile che l’avvocato non si sia sottratto a rispondere ai pesanti apprezzamenti e alle accuse di aver espresso più volte e pubblicamente giudizi non proprio lusinghieri sul regime, sul clima che era stato creato, sulle violenze e gli omicidi commessi in Lunigiana come a livello più generale.
Sta di fatto che dal gruppetto avevano iniziato ad allungare le mani e Bologna, schiaffeggiato e spintonato, finisce a terra. L’aggressione si conclude solo per l’intervento delle forze di Pubblica Sicurezza. L’esponente socialista viene aiutato a rialzarsi e accompagnato a casa.
Quella è stata la sua ultima apparizione in pubblico. L’amarezza era tanta e unita alle conseguenze fisiche lo spinge ben presto a decidere di lasciare Pontremoli e trasferirsi a Bologna dove sarebbe morto pochi mesi dopo, il 10 luglio 1925.
In quello stesso giorno, quindici anni prima, era stato il primo degli eletti nelle elezioni comunali parziali: un risultato che aveva portato alle dimissioni del sindaco Lazzeroni e aperto la strada al suo primo mandato alla guida della città.

(p. biss.)