
Domenica 22 settembre. Nel terzo secolo fu a capo della celebre Legione Tebana. In Lunigiana sono a lui intitolate le chiese di Mocrone e di Aiola
18 affrontarono il martirio in odio alla loro fede.
A San Maurizio ben tre edifici sacri sono dedicati in Lunigiana: due di essi a Mocrone e uno ad Aiola, quest’ultimo ricordato già nel 1199 come dipendente dal monastero di Sant’Apollonio di Canossa, che ne ebbe diretto dominio forse dopo l’anno 1116, e posto al centro del nucleo collinare nella valle del Lucido, situato lungo la mulattiera che conduceva a Massa ed alla valle del Frigido attraverso Vinca.
Giungendo a Mocrone, invece, al centro del paese si trova la “nuova” chiesa, qui eretta forse nel Cinquecento e poi ricostruita ex novo due secoli dopo, dove venne trasferito il titolo di parrocchiale di San Maurizio (a fianco del quale ci fu poi la cointitolazione alla Immacolata Concezione), sino ad allora prerogativa dell’edificio romanico ancora oggi visibile alla sommità della collina.
Quest’ultima era la cappella de Muccugnono o de Mocorono, già censita nelle Decime della fine del XIII secolo e dipendente dalla Pieve di Sorano. Si trova all’interno del perimetro del cimitero, nel punto più elevato: la localizzazione, la muratura a corsi di conci di pietra e il portale sottolineano, pur nella loro semplicità e nonostante i rimaneggiamenti, l’importanza di questa chiesa dalla fondazione così antica.

Per meglio comprendere l’origine del culto del santo a cui queste chiese sono dedicate, San Maurizio, occorre ripercorrere brevemente la vicenda della celebre Legione Tebea, alla quale la pietà popolare ha sempre riservato una particolare devozione. La fonte principale e storicamente più attendibile pervenutaci è costituita dalla “Passio martyrum Acaunensium”attribuita a Sant’Eucherio di Lione. La versione che ci è stata tramandata risale solo al IX secolo, ma il santo vescovo lionese citava già la sua opera in una lettera indirizzata al vescovo Salvio verso il 440, affermando che a quel tempo la tradizione orale in merito era già attestata da almeno un secolo.
Lo studioso tedesco D. Van Berchem negli anni Quaranta del XX secolo esaminò l’antica “passio”, giungendo alla conclusione che la fonte del racconto orale fosse San Teodoro (detto anche Teodulo) di Octoduro, primo vescovo del cantone svizzero del Vallese nel IV secolo.
Questi importò assai probabilmente la leggenda dall’Oriente, in base a cui Maurizio fu martirizzato con i suoi soldati. Secondo la narrazione di Eucherio, l’imperatore romano Massimiano guidò un esercito per contrastare una rivolta fomentata da un gruppo di Galli, i Bagaudi, e giunto nei pressi di Octodurum (odierna città svizzera di Martigny), oltre il passo alpino del Gran San Bernardo, diede ordine ai suoi uomini di compiere un sacrificio in onore degli dei per impetrare da loro il successo della spedizione in corso. Un’unità dell’esercito imperiale era appunto la famigerata Legione Tebea, i cui membri come dice il nome erano stati reclutati nell’Egitto settentrinale ed erano di religione cristiana.
Questi valorosi seguaci di Cristo, senza eccezioni, rifiutarono fermamente di sacrificare a degli dei pagani in cui non credevano e si ritirarono dunque nella vicina Agaunum (odierna Saint-Maurice-en-Valais), guidati dal loro “primicerius” e portavoce Maurizio.
L’imperatore invano li invitò ripetutamente a tornare sui loro passi ed infine ordinò la loro decimazione. Ma i soldati, incoraggiati da Maurizio e dagli altri ufficiali, furono irremovibili dalla loro decisione sino alla fine. Conclusasi tale violenta persecuzione pare fossero stati uccisi ben 6600 (o secondo alcune fonti 6666) soldati.
Il Martyrologium Romanum, nella sua ultima edizione pubblicata all’alba del terzo millennio da San Giovanni Paolo II, si limita a citare esplicitamente i nomi di Maurizio, Candido, Essuperio e del veterano Vittore, quest’ultimo forse proveniente da un altra legione ma ucciso anch’egli in quanto dichiaratosi cristiano.

Maurizio ed i suoi compagni avevano comunque scritto all’imperatore una lettera onde spiegargli le valide motivazioni della loro ribellione: “Siamo tuoi soldati, ma anche servi di Dio, cosa che noi riconosciamo francamente. A te dobbiamo il servizio militare, a lui l’integrità e la salute, da te abbiamo percepito il salario, da lui il principio della vita […]. Metteremo le nostre mani contro qualunque nemico, ma non le macchieremo col sangue degli innocenti […]. Noi facciamo professione di fede in Dio Padre Creatore di tutte le cose e crediamo che suo Figlio Gesù Cristo sia Dio. Siamo stati spruzzati dal sangue dei nostri fratelli e commilitoni, ma non ci affliggemmo,alzammo le nostre lodi perché erano stati ritenuti degni di partire per il loro Signore Dio. Ecco deponiamo le armi […]preferiamo morire innocenti che uccidere e vivere colpevoli[…] non neghiamo di essere cristiani […]perciò non possiamo perseguitare i cristiani”.
In particolare nella Chiesa parrocchiale di Mocrone si è sviluppata la devozione a San Maurizio da parte degli Alpini, che lo venerano loro celeste patrono. La grande Abbazia di Saint-Maurice in Svizzera ancora oggi è centro del suo culto e custodisce le sue reliquie. Un culto dal sapore ecumenico, in quanto le origini egiziane di questi santi martiri hanno sviluppato una loro venerazione anche da parte della Chiesa Copta.
Don Fabio Arduino