Domenica 22 settembre – XXV del Tempo Ordinario
(Sap 2,12.17-20; Gc 3,16-4,3; Mc 9,30-37)
Strana contraddizione presentata nel brano di vangelo di questa domenica: mentre Gesù parla di sofferenza e di morte, i Dodici discutono tra loro su chi sia il più grande nel regno di Dio. Forse ascoltavano Gesù ma non comprendevano, e per non perdere tempo anticipavano il discorso sulle precedenze.
1. Il Figlio dell’uomo viene consegnato. Il contrasto è stridente: da una parte si parla di consegna e di morte, dall’altra di dignità e di precedenze. L’intervento di Gesù però è tagliente: “Volete essere grandi? Fatevi piccoli”.
Quello che Gesù ha detto, lo ha praticato e testimoniato con tutta la vita. Si è messo dalla parte degli ultimi, degli esclusi della società; si è presentato come il Servitore sofferente che si compromette di persona e non fa solo raccomandazioni astratte.
2. Di che cosa stavate discutendo per la strada? I discepoli discutono di precedenze. E noi, di che cosa discutiamo nel cammino della nostra vita?
Forse siamo troppo presi da necessità emergenti o da disagi imprevisti, e abbiamo perso di vista una visione globale della realtà. Parliamo di questioni teologiche a persone che ignorano le preghiere; parliamo di evangelizzare i lontani e non rispettiamo i vicini; parliamo di santificare le ferie quando qualcuno non ha i soldi per arrivare a fine mese.
Molte situazioni purtroppo sono al di sopra delle nostre capacità, ma forse la troppa fiducia nel progresso ci ha fatto dimenticare i valori dello spirito.
3. Se uno vuole essere il primo, sia il servitore di tutti. L’insegnamento di Gesù lungo la strada non sembra essere stato efficace, ma quando a Cafarnao entra in una casa dove ci sono dei bambini, trova un esempio più convincente.
Si mette a sedere nell’atteggiamento del maestro, prende un bambino, lo pone in mezzo e dice: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo e il servitore di tutti”.
Gesù non pensa a contestare la necessità di una autorità; vuole piuttosto insegnare da quale spirito debbano essere animati i suoi discepoli, qualunque sia la loro responsabilità: devono essere guidati da spirito di umiltà e di dedizione assoluta, sull’esempio del Figlio di Dio che si è fatto il servo di tutti.
L’accoglienza di un bambino è l’illustrazione di questa lezione di umiltà. Di fronte a Dio quello che conta è lo spirito di servizio a favore dei fratelli, e per il cristiano l’esercizio del potere è mettersi a disposizione in prima persona per il bene di coloro che la Provvidenza gli ha fatto incontrare.
La prima responsabilità è verso Dio da cui ha ricevuto l’incarico, la seconda è nei confronti dei fratelli, verso i quali deve rendere il suo servizio. Se anziché aver fede in Dio cerchiamo l’appoggio delle persone che contano in questo mondo, se verso i fratelli ci limitiamo ad essere presenze socialmente utili, come cristiani diventiamo socialmente inutili, perché ci limitiamo ad essere zucchero e non sale della terra.
† Alberto