“Il Signore è risorto e tutto quello che noi siamo è nelle sue mani”

“Questo è il cuore della nostra fede”: l’omelia del Vescovo Fra’ Mario nella messa vespertina di Pasqua in Concattedrale a Pontremoli

Il vescovo diocesano, mons. Mario Vaccari ha celebrato la messa vespertina del giorno della Pasqua nella Concattedrale di Pontremoli, accompagnato nella concelebrazione da alcuni canonici. Fra’ Mario ha proposto ai fedeli che in buon numero hanno partecipato alla celebrazione eucaristica una riflessione che è partita dal triduo Pasquale: “Vivere la Pasqua di Resurrezione è consapevolezza che la gioia che il Signore ci dona passa necessariamente dall’esperienza della croce”, ha affermato il vescovo.
“Il Triduo ci ha fatto rivivere la passione di Gesù e ci ha descritto il suo stato di estrema debolezza e abbandono: l’ultima cena di Gesù con il tradimento di Giuda e la lavanda dei piedi ai discepoli, la passione e morte del Cristo”.
Nella liturgia del venerdì santo “il celebrante arriva nella zona dell’altare si prostra a terra, esprimendo con il proprio corpo l’abbandono che tutta la comunità è chiamata a sperimentare”.

Il cero pasquale acceso a Pontremoli nella Concattedrale di Santa Maria Assunta

E poi il silenzio del Sabato: “i tabernacoli vuoti, le croci velate, niente tovaglie, ceri e fiori. Lo spazio religioso si svuota fino all’osso; diventa semplicemente anonimo; nulla lo distingue da qualsiasi altro luogo desolato sulla terra”.
È un paradosso del cristianesimo quello proposto dalla Passione: “Mentre la religiosità naturale porta l’uomo a cercare un Dio potente in aiuto alla sua vulnerabilità – ha affermato Fra’ Mario – il cristianesimo rinvia continuamente l’uomo all’impotenza e alla sofferenza di Dio”.
Gesù sulla croce abbandonato da Dio determina una nuova immagine, quella di un Dio che in Cristo esiste per altri: un’esistenza che il vescovo, usando le parole del teologo protestante Dietrich Bonhoeffer, definisce “partecipazione alla sofferenza” e “all’impotenza di Dio nella vita del mondo”.
È questo il modo di esistere attraverso il quale “si diventa uomini, si diventa cristiani”, perché partecipare alla sofferenza di Dio impegna la vita di ciascuno in modo totale, è un “esistere per gli altri che è la via attraverso la quale l’uomo diventa pienamente tale”.
Se questo è l’insegnamento della Passione, per il vescovo la Risurrezione indica che “il Signore Gesù ha attraversato per noi l’oscurità del peccato perché ha voluto condividere la condizione dell’uomo, sperimentando le conseguenze della lontananza da Dio”.
Siamo davanti ad un evento complesso che anche “i discepoli faticarono a credere, come dimostrano i vangeli” e che è ancor più faticosa da comprendere per noi.

L’accensione del cero ha preceduto la Veglia pasquale in Duomo a Pontremoli

“La domanda sulla Risurrezione e la sua portata salvifica per la nostra vita – ha chiarito Fra’ Mario – non riguarda primariamente l’aldilà o come sarà la vita dopo la morte ma va pensata come la ripresa di un dono originario di Dio che si era già compiuto nel ministero pubblico di Gesù e ora si compie nella sua glorificazione. La partecipazione a tale compimento ha ora per noi la forma del dono dello Spirito del Figlio Risorto”.
È una vita nuova quella che viene donata ai credenti, che “si manifesterà nel perdono, nell’amore reciproco, nell’aiuto ai fratelli più piccoli proprio seguendo le orme del Figlio di Dio che ci ha amati e ha dato se stesso per noi”.
Il giubileo delle Stimmate di san Francesco che si celebra nella Cattedrale di Massa è stato presentato da Fra’ Mario come proposta di esempio “di colui che si lascia conformare da Cristo e dalla sua croce. L’incontro con il Serafino crocifisso e l’ascolto della sua parola di misericordia trasformarono le ferite di Francesco in stimmate di Cristo. Sul Monte della Verna il santo fu segnato definitivamente dalla logica di Dio impressa sul corpo di Gesù”.
Analogamente, per il vescovo, “la fede nel Risorto evangelizza le nostre ferite, le nostre paure e le nostre delusioni, i nostri volti tristi, le nostre lacrime. Dio non ci promette che non moriremo, che non attraverseremo prove nella vita, ma ci ricorda ciò che davvero può trasformare le nostre esistenze: credere che il Signore è risorto e che tutto quello che noi siamo è nelle sue mani. Questo è il cuore della nostra fede”.
Chiudendo la sua omelia, il Vescovo non ha esitato a calare il messaggio pasquale alla realtà che stiamo vivendo: “Siamo in un momento in cui disorientamento e paura occupano i nostri cuori e rischiano di farci soccombere sotto un’invincibile disperazione; un momento in cui ci sentiamo più insicuri che mai, con il cuore in pena per tanti nostri fratelli e sorelle: per coloro che vivono situazioni di guerra, per i migranti che rischiano e perdono la loro vita, per chi è rinchiuso nelle carceri in situazioni disumane, per chi soffre ogni genere di violenza, per nostra sorella terra che continuiamo a maltrattare”.
Ma la morte e la risurrezione di Gesù – ha terminato Fra’ Mario – significano “non una fuga dal male e un’alienazione dalla creazione decaduta, ma un suo coinvolgimento incondizionato e senza limiti in essa. La croce conduce alla resurrezione e non si dà risurrezione senza croce: qui sta la nostra speranza certa”.

Davide Tondani