Francesco d’Assisi,  padre Ernesto Balducci e la nostra storia futura
Padre Ernesto Balducci (1922 – 1992)

Padre Ernesto Balducci, morto nel 1992 per incidente stradale, nel 1989 pubblicò il saggio Francesco d’Assisi non per rifare una biografia del Poverello ma per “tenere gli occhi costantemente fissi sulla nostra storia futura”.
Figlio di un minatore dell’Amiata, fu negli anni Sessanta un uomo del dialogo e del rinnovamento della vita cristiana discussa e affermata nei documenti del Concilio Vaticano II in mezzo a tante tensioni. Fu uno dei sacerdoti scomodi, come Don Milani, Don Mazzi dell’Isolotto di Firenze, Giuseppe Dossetti, del cardinal Lercaro, di La Pira. Si fecero interpreti del magistero vivificante di papa Giovanni XXIII, della partecipazione del “popolo di Dio” alla vita delle comunità cristiane. Incontrarono le resistenze conservatrici del cardinale Florit di Firenze, furono trasferiti, denunciati per l’invito a disobbedire all’obbligo del servizio militare. Padre Balducci, trasferito nella comunità degli scolopi di Fiesole, si impegnò in conferenze per illustrare i testi conciliari.
Venne anche a Pontremoli, ricordo l’affabile suo esporre un argomento affascinante quanto complesso e perfino profetico “La realtà dell’utopia.”
Il volume Francesco d’Assisi, storicamente documentato su tutte le fonti francescane, rileva la necessità allora come adesso di liberare l’uomo dall’ideologia del dominio e del denaro per ricostruire una “società dei fratelli”, un’economia del dono, un matrimonio con Povertà, nel momento storico in cui si affermava quella civiltà borghese del denaro, “feticcio dell’età capitalistica” (Marx) che ancora è nostra tribolazione e causa di tanta corruzione, violenza e ingiustizia.
Oggi abbiamo urgente bisogno di un nuovo inizio: Balducci propone come unica vincente la strategia della non violenza nei modi del Discorso della Montagna, la vera via per vincere il male va da cuore a cuore, da coscienza a coscienza.
Tutti avvertiamo il disordine morale in cui siamo in fretta precipitati. Una lezione di speranza viene dal noto episodio dei Fioretti: il lupo di Gubbio. Francesco non rese docile un lupo in carne ed ossa; Balducci fa una lettura allegorica per costruire la pace politica. Quel lupo era un uomo perverso e potente che terrorizzava la città e che si fece mite e giusto col dialogo, che è passaggio di parola, di ascolto. I lupi da convertire dei nostri tempi sono tantissimi: uno è uomo dagli occhi di ghiaccio che invade e massacra uno stato sovrano, nega forniture di indispensabili materie prime che madre natura gli ha fornito gratis. Non accetta dialogo né negoziato con gli altri se non alle sue esclusive condizioni. Altri lupi possiamo individuarli in certi mestieranti della politica, che presentano rivendicazioni indiscutibili, non vogliono “firmare cambiali in bianco” illudendosi di far risalire il consenso: per meschini interessi di parte, non ascoltano consigli e mediazioni e fanno indebolire e forse cadere governi in momenti di gravi, simultanee crisi che stanno colpendo tutti.
Ma convertire un nemico vuol dire anche convertirsi, la pace non sta nello spartire da un lato la ragione e dall’altro il torto, vuol dire superare le ragioni unilaterali che alimentano il conflitto e accogliere la ragione comune su cui basare la fraterna convivenza. Questa è la realtà dell’utopia per Balducci, raggiungibile se ognuno si assume la responsabilità del futuro.
Non ci sarà salvezza, non eviteremo la catastrofe estrema della rottura degli equilibri della biosfera se non passiamo dal consumismo e dallo spreco a una maggior frugalità anche come amore per le generazioni future. Il Cantico delle creature, l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco illuminano la via, cantano e salvano la creazione.

Maria Luisa Simoncelli