
Domenica 19 giugno – Corpo e Sangue di Cristo
(Gen 14,18-20 – 1Cor 11,23-26 – Lc 9,11-17)
“In quel tempo Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure”. Di due cose abbiamo bisogno per vivere, e il vangelo che abbiamo appena letto lo dice bene, due cose sono indispensabili per la vita: di qualcuno che ci parli di Dio e di qualcuno che ci regali segni di cura e tenerezza. Ma più di tutto abbiamo estremo bisogno di qualcuno che abbia il coraggio di fare le due cose insieme, di qualcuno che ci aiuti a non separare più parole sul Regno di Dio e gesti di cura. Oggi più che mai è tempo in cui liberare parole solo quando sanno fare l’amore con il corpo.
Oggi più che mai è il tempo di gesti di tenerezza che sappiano però dischiudere parole promettenti. Gesù parlava e curava. Insieme. Non è la pagina della moltiplicazione dei pani quella che abbiamo letto, è la pagina in cui si sogna un uomo capace di non ragionare più per contrapposizioni: contemplazione e azione, sacro e profano, spirituale e materiale, uomo e Dio… basta, questa occidentalissima scissione ci ha lasciato solo pensieri guerrieri e divisivi, occorre trovare una sintesi, un Corpus, un Corpo d’Uomo che sia già Divino, una Carne Illuminata, un luogo dove Regno di Dio e cura della fragilità umana possano illuminarsi a vicenda. Abbiamo sempre creduto fosse una pagina che raccontasse di pane moltiplicati e invece sono parole che riescono ad accompagnare l’uomo oltre la divisione, oltre la scissione, oltre quelle fratture che ci portiamo dentro e che alla lunga ci distruggono.
È pagina dell’Unificazione e non della Moltiplicazione, Unificazione tra Uomo e Dio, in un Corpus. Abbiamo bisogno di parole, che raccontino del Regno di Dio, che è la consapevolezza che la vita che ci scorre vicina nasconde qualcosa di Eterno. Che la vita non finisce in morte. Credere al Regno di Dio è un modo di stare al mondo, è amare così tanto la vita da saper dire che non esiste solo quello che vediamo, che c’è qualcosa in più che possiamo chiamare Amore o Dio o Infinito e che è comunque la sicurezza che c’è qualcosa di più grande di noi e che questo qualcosa ci salverà.
don Alessandro Deho’