
Domenica 8 maggio – IV di Pasqua
(At 13,14.43-52 – Ap 7,9.14-17 – Gv 10,27-30)
Gesù apre la sua mano e subito una linea è evidente, viene dal cielo e si feconda con la carne degli uomini: “le mie pecore ascoltano la mia voce”. E noi sentiamo un brivido, la linea che dal cielo scende a fecondare la terra è scavata dalla sua voce, è lui che viene a cercarci, come il pastore con le pecore, tutto inizia da lì. Da una parola che ci raggiunge, la sua, che sia parola affidabile lo capiamo subito, non esita a compromettersi con noi: “le mie pecore”, “la mia voce”. Per due volte ci fa sentire suoi, “mie”, “mia”, e viene da piangere per le troppe volte che ad ascoltarci è gente che non vuole compromettersi con noi. “Io le conosco”, la mano del Cristo si apre ancora, una linea orizzontale adesso, attraversa il palmo della mano, una linea a cercare di conoscere le sue pecore. Lui ci conosce. Uno per uno. E capisco, in quella mano aperta, capisco senza ombra di dubbio, che dovremmo imparare a tacere davanti alle persone che non conosco. Conoscere non è sapere. Conoscere è avere una parte del cuore aperta e pronta a custodire le storie dell’altro. Conosce solo chi è innamorato. “Mi seguono”. Solo dopo però. Solo ad amore dichiarato, solo dopo che ci sentiamo suoi, solo dopo un ascolto vero, solo dopo una compromissione totale, solo dopo noi possiamo seguire qualcuno.
Oggi nelle nostre comunità non mancano le proposte, ce ne sono fin troppe, manca qualcuno che prima di pretendere di essere seguito si è perso d’amore per noi. “Seguire” è parola vocazionale, ma è parola che è stata seminata sempre con troppa leggerezza. Gesù non si limita a chiedere di essere seguito con fedeltà e obbedienza ma aggiunge “nessuno le strapperà dalla mia mano”. E cambia tutto! Seguire è parola vocazionale non solo per il chiamato ma soprattutto per il chiamante. Non per chi è invitato ma per chi invita. “Io do a loro la vita eterna”. Eternità è già qui quando sentiamo di essere nel cuore di qualcuno, eternità è essere sicuri di avere almeno una persona che continuerà ad amarci anche dopo che avremo commesso un grave errore, vita eterna è già qui quando viviamo momenti di libertà in cui essere semplicemente quelli che siamo senza dover dimostrare niente a nessuno. Vita eterna è poter credere alle parole d’amore di almeno una persona. don Alessandro Deho’