L’affascinante, lunga e complessa storia del fuoco

A Pontremoli, per l’Università delle Tre Età, Riccardo Boggi ne ha tracciato una documentata sintesi

Il fuoco di San Nicolò a Villafranca (foto Walter Massari)

Sul fuoco potremmo scrivere tanti poemi epici per la sua enorme versatilità, presente nella storia dell’umanità da almeno un milione e mezzo di anni. In un rapido attento percorso Riccardo Boggi ha esposto per Unitre la storia del fuoco, uno dei quattro elementi costitutivi del mondo insieme a terra, acqua, aria secondo i filosofi presocratici.  

Non sappiamo come l’uomo abbia imparato ad accendere e usare il fuoco, probabile l’ipotesi di una scoperta occasionale, che però ha cambiato la storia umana. Col  fuoco si sono fusi i metalli per costruire strumenti di pace e di guerra, si sono cotti i cibi migliorando la dieta alimentare, ci si è difesi dal freddo e dagli animali selvatici, si sono fatti nuovi insediamenti. 
Francesco d’Assisi trova quattro aggettivi di  insuperabile bellezza: Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu / pe lo quale ennallumini la nocte: / ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Il culto del fuoco è universale. Sull’Olimpo c’è Efesto (Vulcano per i Romani), dio del fuoco, dei metalli e della metallurgia. Un benefattore dell’umanità è considerato Prometeo punito da Zeus per avergli rubato il fuoco per donarlo agli uomini. A Pallerone in palazzo Malaspina è dipinto il momento in cui Prometeo è scaraventato sul Caucaso. A Roma custodi del fuoco sacro erano le vergini Vestali. Mosè sul Sinai riceve i comandamenti da Dio “sceso nel fuoco”. L’antica festa della Pentecoste ricorda la discesa dello Spirito Santo in forma di lingue di fuoco. A Pasqua i cristiani accendono luci segno della Resurrezione.
Boggi ha esplorato l’uso del fuoco in agricoltura; una pratica diffusa anche in Lunigiana è stata quella del debbio che consiste nel bruciare legna e stoppie per disgregare le particelle del terreno e arricchirlo delle ceneri. Nei campi i falò erano accesi anche per fare festa con rituali particolari diffusi in tutta Europa. A Pontremoli e a Villafranca si accendono festosi falò in simpatica rivalità. A Filattiera lo sposo saltava sul fuoco appena celebrato il matrimonio. 
A Villafranca la processione con la statua del santo si conclude davanti al falò

Il fuoco è stato usato per cremare i morti; nel nostro territorio abitato dai Liguri Apuani è stata ritrovata una tomba a cassetta con ceneri del defunto e qualche gioiello: a Pulica di Fosdinovo una cassetta conteneva un elmo. Il fuoco è indispensabile ma anche forza che distrugge. Nella storia sono stati tanti i roghi di intolleranza;  simbolicamente si facevano fuochi per bruciare gli idoli pagani, a Vignola la sera del 2 maggio si bruciano i “pipin”, che però non sono idoli antichi.

Sono state bruciate donne criminalizzate come streghe o eretiche: al rogo Giovanna D’Arco, i Templari, Gerolamo Savonarola bruciato nel 1498 a Firenze per trame politiche fatte passare per eresia, stessa sorte per Giordano Bruno nel 1600 bruciato a Roma in Campo dei Fiori; Galileo fu condannato ad abiurare. Savonarola ha agganci con personaggi lunigianesi: suo accusatore nel processo fu Leonardo da Verrazzana. Una sola condanna al rogo eseguirono i Malaspina nel 1457: bruciarono una “femmina” che aveva fatto annegare una cognata nella Magra.
Il fuoco continua ad essere un’arma: si bruciano case e paesi in guerra, un fatto per tutti è Zeri ridotta “Una vallata in fiamme” nel 1944. Cesare Pavese nell’opera La luna e i  falò narra del  ritorno dall’America di Anguilla: è il personaggio chiave, incontra i simboli di una distruzione che disperde ogni identità del passato: i falò non sono più quelli accesi per svegliare la terra e per far festa seduti in cerchio a raccontare storie, ma sono quelli che portano al suicidio Valino disperato o sono provocati dalla violenza della guerra,come è il falò che i partigiani fanno divampare su Santa, la ragazza spia per i tedeschi. 
Gravissimi gli incendi spesso dolosi, accesi per egoismi e interessi di lucro. I roghi dei libri per reprimere il dissenso si accendono ancora nei paesi sotto dittatura e sono uno spettacolo angosciante. 
Il rogo invece merita il libro Malleus maleficiarum del 1487, un “martello” che colpiva innocenti vittime della ignoranza e della superstizione come fu per le streghe di Triora  processate nel 1587-1589 con accusa di aver procurato carestia!         
Maria Luisa Simoncelli