
Custodire le nostre terre. Il presidente della Cei al convegno della Conferenza Episcopale e delle diocesi campane sull’enciclica Laudato si’. “Gli effetti ambientali prodotti dalle nostre scelte incidono sulla salute fisica, psichica e sociale di tutti”

“La custodia, o la mancata custodia, della casa comune – in quanto siamo tutti parte dell’umanità – incide direttamente sulla nostra salute; gli effetti ambientali prodotti dalle nostre scelte hanno una incidenza diretta sulla salute fisica, psichica e sociale di tutti”: lo ha sottolineato il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nel suo saluto al convegno on line “Custodire le nostre terre”, sui temi della Laudato si’, promosso dalla Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute, dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, dagli Uffici nazionali per la pastorale della salute e per i problemi sociali e il lavoro, dalla Caritas italiana, con il coordinamento delle diocesi campane.
“Per questa attenzione dovuta al bene delle persone, la Chiesa ritiene suo dovere farsi carico del tema della salute di tutti e di ciascuno, in forza del comandamento dell’amore che anima la propria azione e dell’esplicito mandato evangelico di evangelizzare e guarire”, ha aggiunto il porporato, secondo il quale, “per la responsabilità che abbiamo e che conosciamo, possiamo affermare che può risultare riduttivo, quando non addirittura discriminante, parlare di ‘terra’ e di ‘terre dei fuochi’: perché dobbiamo piuttosto affermare con forza che siamo responsabili della ‘custodia di tutte le terre’, di tutto il Creato”.
Un bene comune da custodire con cura è l’acqua. “Cosa c’è di più semplice dell’acqua? Una semplice creazione di Dio, composta di idrogeno e di ossigeno. Eppure l’uomo, se non la custodisce accuratamente, rischia di rovinare un progetto semplice, utile e umile (come la definisce san Francesco nel suo Cantico)”.
Ma l’acqua “non è solo un elemento naturale, è simbolo per eccellenza. Dopo la luce, è il secondo simbolo pasquale; e in questa chiave le architetture delle chiese prevedono che il Battistero sia la tappa obbligata prima di poter entrare: tanto nell’edificio come nella comunità ecclesiale”.
Sia nei confronti delle persone che della natura, non è sufficiente amare: l’impegno deve essere quello di custodire, ‘prendersi cura’ in modo diretto e personale, nel cuore e con i fatti. ‘Custodire’ è un verbo molto spirituale e al tempo stesso molto concreto: “Il tema di questo convegno è quanto mai appropriato: ‘custodire le nostre terre’ rimanda alla duplice relazione di Dio con l’uomo e dell’uomo con la creazione intera. Come comunità ecclesiale, rispondendo all’invito di san Paolo VI per cui servono più testimoni che maestri, siamo chiamati ad essere ‘custodi operosi’”.
“Dio ama in modo semplice: l’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, risponde alla chiamata di amare prima che fare. Se non siamo capaci di una logica di amore (e dell’agire per amore), la logica del fare fine a se stesso ci soverchia: del fare carriera, del fare soldi, del fare in fretta. Così facendo accade però – per malizia o per ignoranza – che non ci si soffermi a guardare gli esiti di questo fare: l’inquinamento è figlio di una cupidigia del fare che ha rifiutato di guardare con amore all’umanità e al creato”.
“Di questi esiti la responsabilità si pone su diversi livelli: quello personale, sul quale ciascuno verrà valutato, quello familiare, in quanto la famiglia è il primo ed insostituibile soggetto di educazione, quello sociale e civile, per cui esiste una responsabilità diretta di chi amministra, e di chi quell’amministrazione l’ha voluta”, ha concluso il porporato.