Un falò da tregenda, penalizzato da pioggia e vento

Un meteo avverso rovina la conclusione della festa patronale di San Geminiano a Pontremoli

Disturbato dal vento e contrastato dalla pioggia, brucia il falò di San Geminiano nel greto del Verde (Foto Massari)
Disturbato dal vento e contrastato dalla pioggia, brucia il falò di San Geminiano nel greto del Verde (Foto Massari)

Sarebbe facile, con il senno di poi, dire che la tragedia era nell’aria, che le cose sarebbero andate in un certo modo e che non poteva o doveva essere altrimenti. Discorsi da bottega, senza dubbio, perché la tradizione resta intatta al di là degli eventi che la caratterizzano e ogni momento vuole essere scritto per quello che viene a comportare e non certo per quello che gli attori più o meno casuali pretendono che avvenga.
Certo, gli antefatti avevano creato un clima di contorno al limite della sopportazione, quasi che a pendere su un episodio, per qualcuno spontaneamente connaturato all’ambiente, per noi una stupidaggine senza costrutto, al di là degli interpreti, fossero chissà quali condizionamenti sovrannaturali e si dovesse comunque attendere qualcosa di incredibile che pareggiasse conti che nessuno, in effetti, poteva essere in grado di sviluppare.
Ora, qualcuno dirà che ci ha pensato il tempo a fare da arbitro all’uno e all’altro evento, creando condizioni quasi intollerabili e che solo un’arguzia preparatoria al limite del trascendentale poteva cercare di risolvere. Alla fine, a una delusione riparata alla meglio, per non uscire dalle statistiche, è andato a corrispondere un qualcosa che non trova riferimenti proprio nelle statistiche recenti, al punto che nessuno dei presenti riesce a ricordare un flop di tale portata.
Già, a complicare la situazione aveva pesato la pioggia incalzante per tutta la giornata, così spietata da non concedere un attimo di tregua e da imporre il calzone olivastro che illudesse almeno che le cose alla fine potessero funzionare. Poi, quella cappa grigia, appena appena capace di segnare il buio profondo della notte grazie alle luci più che mai soffuse del borgo. Infine, l’errore di non interpretare quel marino insistente, così incalzante da imbarazzare più di un ombrello, per dire che tutto sarebbe stato più difficile, a meno di una strategia di accensione così arguta in grado di parare gli effetti dello scoglio imprevisto e, nei fatti, insormontabile.
Quello che è accaduto resta fisso negli occhi di tutti i presenti, ognuno votato ad attendere il prossimo appuntamento per cancellare al più presto l’oltraggio. Forse, il correttivo sarebbe stato possibile se qualcuno avesse interpretato anzitempo l’influenza del vento, suggerendo di tenere più bassa la pira, in modo che la punta della catasta non sfuggisse alle folate imperiose e comunque entrasse da subito nel gioco delle vampe.
A dispiacere, in primis, lo sforzo vanificato di tante braccia vogliose di tenere vivo il passato, umiliate da una natura improvvida e impertinente, per qualcuno così saggia da impartire ogni tanto lezioni indispensabili per sopravvivere, a nostro avviso impudica per come è andata a scalfire gli istinti più sani alla base della tradizione più vera.
A cose fatte, avanza solo il tempo per dire che, soprattutto in casi come questo, nulla è perduto, anzi da qui occorre ripartire per inventare il diverso, il possibile, il logico, il tollerabile e che diventa sempre più stupido cedere all’esasperazione del confronto portato al limite dell’eccesso, al punto oltre il quale scatta l’imponderabile, quello che impone il rispetto di regole scritte da altri e che trascendono la mistica del passato. Chi ha orecchie per intendere intenda, perché non è mai troppo tardi per riuscire a correggere anche quello che razionalmente sembra impossibile e che invece, grazie alla passione, diventa ampiamente godibile!

(l.b.)