Luisa Maria di Borbone e la Casa di Provvidenza Galli Bonaventuri

Reggente gli Stati Parmensi per il figlio era nata a Parigi due secoli fa. Nel 1856 approvò il Regolamento per il Pio Istituto in Pontremoli

Luisa Maria di Borbone e il figlio Roberto
Luisa Maria di Borbone e il figlio Roberto

Luisa Maria di Borbone (1819-1864), reggente per il duca Roberto I gli Stati Parmensi nasceva due secoli fa; è stata l’ultima nostra sovrana prima dell’unità nazionale. Si trovò in mezzo ai fermenti rivoluzionari del Risorgimento: il suocero Carlo II fu costretto ad abdicare nel 1848, il marito Carlo III il 27 marzo1854 fu assassinato e lei assunse la reggenza del ducato per il figlio Roberto I ancora bimbo.
Come Maria Luigia d’Asburgo moglie di Napoleone, Luisa Maria è ancora ricordata con gratitudine dai cittadini di Parma, nel bicentenario della nascita la onorano con Messe di suffragio. Aveva sostenuto opere benefiche, fece uno dei primi interventi in Italia per assegnare case popolari, si prodigò per contagiati dal colera nell’epidemia del 1855 che infuriò anche in Lunigiana, specialmente a Filattiera. Fece iniziative per aiutare l’infanzia e le famiglie bisognose.
Con decreto sovrano il 31 luglio 1856 approvò il Regolamento per l’amministrazione in Pontremoli della Casa di Provvidenza Galli Bonaventuri. Il documento è composto di cinque titoli e di quarantasei articoli. Il primo titolo riporta che il Pio Istituto di pubblica beneficenza fu fondato in Pontremoli dai coniugi Antonio Galli e dalla contessa Maria Bonaventuri.
Due sono gli scopi: di assistenza sociale e di formazione etica: ricoverare per la notte persone miserabili senza casa propria né mezzi di sussistenza che vivono grazie alla beneficenza dei privati e accogliere per la notte i viandanti poveri. Altro scopo è ricevere senza pernottare fanciulli indigenti e dar loro buona educazione religiosa e morale e i mezzi per imparare un’arte o un mestiere e a “leggere, scrivere e abbaco” e a questa scuola potevano accedere anche gli altri bambini di Pontremoli.
39poveriIl titolo II in dettaglio precisa tutta l’amministrazione da parte di un Consiglio con un presidente, un vice e sette consiglieri con competenze di segreteria, disciplina, gestione economica, l’ufficio del cassiere doveva essere approvato dal ministro dell’Interno. Le cariche erano rinnovabili a varie scadenze annuali, le riunioni consiliari frequenti per decidere le ammissioni ai pernottamenti stabili e “all’ospizio delle Arti“,definisce i compiti dei deputati alle discipline improntati a rigore e anche a stimoli di merito e di impegno.
Il Regolamento dispone come amministrare e controllare la parte economica e precisa come gestire le entrate e le uscite dell’Istituto. Il rettore doveva sempre essere un sacerdote col compito di dirigere l’educazione dei fanciulli, la scuola, far rispettare il regolamento che comprende l’ascolto della Messa quotidiana, il catechismo, tenere il registro degli ospiti e altre necessarie pratiche. Il custode possibilmente doveva essere scapolo o vedovo senza figli, salariato secondo contratto.
Seguono norme generali per l’ospizio dei pernottanti (allestiti 8 letti per maschi e 4 per donne): sono accolti gli incapaci al lavoro per vecchiaia o malattia, i senza parenti, sono esclusi i ciechi, i malati di “malattie schifose e attaccatticcie”, i “viziosi e diffamati”.
Per pernottare presentarsi all’Ave Maria, recitare ogni sera il Rosario, rifarsi il letto, procurarsi acqua per lavarsi. L’ospizio d’arti e mestieri accoglieva fanciulli di famiglia veramente miserabile e che avessero non meno di otto e non più di 12 anni, battezzati, dotati di certificato di vaccinazione, e dichiarazione di un medico di sanità e attitudine al lavoro, non potevano stare nell’Istituto dopo i 18 anni, i parenti dovevano tenerli puliti. Ogni giorno avevano una minestra e pane. Le arti e mestieri erano di falegname, fabbro-ferraio, calzolaio, sarto, il maestro era scelto come persona abile e morigerata che istruisse “con zelo ed amore”.

(m.l.s.)