Massa Carrara, una provincia nata dalla guerra di indipendenza del 1859

Gli eventi di centosessanta anni fa portarono alla creazione di nuove province

39Provincia_MSLa II guerra di indipendenza del 1859 allarga i confini dello Stato sabaudo e determina una nuova carta politica dell’Italia, crea nuove province tra cui Massa Carrara. Vengono superati gli accordi di Plombières del luglio 1858 in cui Cavour, primo ministro del Piemonte, e l’imperatore francese Napoleone III stringono alleanza segreta per provocare una guerra con l’Austria e strapparle il Lombardo-Veneto; si stabilisce anche di creare un regno dell’Italia centrale e uno dell’Italia meridionale: non un’Italia unita ma tripartita. L’esercito franco-piemontese riporta vittorie decisive a Magenta, Solferino e San Martino e i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi occupano Bergamo e Brescia: la via del Veneto era aperta.
Ma la situazione militarmente molto favorevole non va più bene a Napoleone III che non vuole indebolire troppo l’Austria e non vuole l’espansione sabauda nell’Italia centrale. Impone l’armistizio di Villafranca dell’11 luglio firmato da lui e da Vittorio Emanuele II all’insaputa di Cavour, che sdegnato, sentendosi tradito, si dimette. I successi militari portano ai moti dell’Italia centrale che chiedono l’annessione al Piemonte vittorioso, con prospettive di nascita di un’Italia unita forte e lesiva dell’interesse nazionale francese.
Nel granducato di Toscana, nelle Legazioni pontificie delle Romagne, nei ducati di Parma (compresa la Lunigiana parmense) e di Modena (comprendente Massa e Carrara) si costituiscono governi provvisori prima guidati da commissari piemontesi poi da “dittatori” che promuovono plebisciti: una enorme maggioranza vota l’annessione al Piemonte.
La pace firmata a Zurigo nel novembre 1859 riconosce che restaurare i governi caduti era ormai insostenibile, sarebbe stato scatenare una guerra civile. Cavour torna al governo di un Piemonte ampliato: per arrivare all’unità d’Italia mancano Veneto, Marche, Lazio, regno delle due Sicilie.

La mobilitazione per lasciare la provincia apuana

A Pontremoli si lavorò per l’annessione al Piemonte; volontari combatterono nelle terre padane, Paolo Lazzeroni e Francesco Nicoli morirono nella battaglia di S. Martino. Il breve periodo dell’annessione al ducato di Parma non aveva portato vantaggi economici alla Lunigiana parmense; si capisce quindi una certa facilità di trovare consenso al distacco da Parma e all’annessione al Regno sardo, che aveva i suoi confini orientali molto vicini.
I plebisciti proclamati e pilotati nei mesi stessi in cui si combatteva (aprile-luglio 1859) furono a favore dell’annessione al Piemonte. Questi i voti: Pontremoli 2.147 sì e 6 no; Bagnone 842 sì nessun no; Mulazzo 563 sì e 12 no; Filattiera 363 sì nessun no; Villafranca 478 sì nessun no; Zeri 651 sì e un no. In totale 5.044 sì e 19 contrari; i dati furono consegnati a metà settembre 1859 a Torino al re Vittorio Emanuele II da Giancarlo Dosi.
Molti atti del consiglio comunale di Pontremoli per trent’anni continuarono a chiedere al governo nazionale il distacco della Lunigiana dalla provincia di Massa. Il 3 giugno 1861, appena proclamata l’unità d’Italia, il sindaco di Pontremoli chiede a quello di Sarzana di presentare al Parlamento istanza per ottenere che il circondario di Pontremoli venga riunito alla provincia di Parma o a quella di Genova (ancora non esisteva quella della Spezia). Ma Sarzana risponde che “dando a confine dell’Etruria la Magra si spezzerebbe la Lunigiana e si nuocerebbe agli interessi di Sarzana e di tutta la Lunigiana”.
Ancora il 21 agosto 1892 a Pontremoli si tenne un convegno dei sindaci della Lunigiana per proporre il distacco di tutto il Circondario: lo chiedono i sindaci di Pontremoli, Bagnone, Castelnuovo Garfagnana che vuole essere unito a Lucca, Podenzana, Licciana, Mulazzo, Filattiera, Villafranca, Casola e vogliono l’aggregazione ad altra provincia.
Si mobilitò anche la società civile: il 26 giugno 1892 al Teatro della Rosa si fece discussione pubblica, si costituì un comitato permanente per il distacco. Non si ottenne nulla e la Lunigiana è rimasta provincia di Massa con scarsa integrazione con la zona di costa, le due parti sono poco omogenee sul piano amministrativo e dei servizi: le distanze non si sono ridotte neppure con l’unione delle due diocesi. (Fonti Archivio di Stato di Massa – Sezione di Pontremoli).

(Paola Bianchi)

Della “nascita della provincia di Massa, un sentiero nella costruzione della pace”, invitato dal Centro Francescano di Massa, ha trattato Corrado Leoni, autore di un romanzo storico dal titolo un po’ misterioso Ma’ecchia l’ape regina in cui parla della civiltà contadina della nostra provincia e riproduce documenti del dittatore Luigi Carlo Farini che nel settembre 1859 decreta l’unione delle Province Modenesi e Parmensi al Piemonte per “suffragio diretto universale” del popolo; estende al territorio l’osservanza dello Statuto albertino concesso nel 1848.
Un plebiscito del luglio 1859, un comizio di conferma del marzo 1860 porta anche i mazziniani e i liberali ad optare per il Piemonte (una certa opposizione si registra a Carrara). Su una popolazione di 147.938 gli iscritti a votare sono 36.814, votano 23.584, contrari solo 62, 30 i voti nulli. Un altro documento del dicembre stabilisce che l’Emilia viene divisa in province, circondari, mandamenti e Comuni “considerando che giovava cancellare qualunque traccia degli antichi Stati, dei quali la divisione territoriale era “artificiale, come praticamente forzata”.
Nasce secondo questi criteri la provincia denominata di Massa, ma anche di Massa e Carrara e con decreto del 9 ottobre 1861 di Massa-Carrara che anche oggi esiste, ripristinata dopo la denominazione di “provincia di Apuania” nel 1938. Massa è scelta capoluogo per essere stata la prima a ribellarsi al duca di Modena già ad aprile 1859 e aveva anche arruolato soldati austro-ungarici in fuga.
Altro motivo è storico, è l’essere considerata “guida naturale della gente apuana” che prosegue la millenaria tradizione di Luni. Inoltre c’erano risorse naturali, l’avere istituti ragguardevoli: palazzo ducale, tribunali, caserme, una cittadella le mura, scuole, un teatro, l’ospedale e un Liceo (alcuni uffici provinciali vanno a Carrara); infine una privilegiata posizione geografica. Territori aggiunti furono i 14 Comuni di Lunigiana.

Maria Luisa Simoncelli