
Dall’assemblea di Acli un’inquietante fotografia del mondo del lavoro domestico
Oltre un milione e mezzo: è l’esercito delle persone impiegate nel lavoro domestico e di cura nel nostro Paese. Un settore sempre più strategico nell’odierno panorama del mondo del lavoro, che tuttavia non riceve ancora il riconoscimento che gli spetta per la sua rilevanza sociale ed economica. I lavoratori regolarmente registrati all’Inps sono 864.526mila, di cui l’88,3% di sesso femminile, l’11,7% costituito da uomini. Il 54.4% assunti o assunte come colf, il 45.6%, come badanti.
Del totale, oltre il 73% è di origine straniera, il restante italiana, anche se si registra un aumento degli italiani che hanno segnato un +6.9% nel 2017 rispetto all’anno precedente. Al contrario, i lavoratori stranieri seguono un andamento decrescente con un -3.6% nel 2017 rispetto al 2016.
Ma secondo l’Oil (Organizzazione internazionale del lavoro), il numero complessivo di chi si prende cura delle nostre case o dei nostri anziani arriva a superare il milione e mezzo perché il 60% per cento di questa forza lavoro è senza copertura previdenziale ed assicurativa.
A scattare l’istantanea è Acli Colf, che ha tenuto a Roma la XIX Assemblea nazionale “Colf e badanti, con noi si muove il mondo”. Proseguendo nella “fotografia” del comparto, i Paesi dell’Est: Ucraina, Romania, Moldova (43,8%) e Sud-America: Ecuador e Perù (8,3%) sono le nazioni di provenienza della maggior parte delle donne occupate nel settore; vi è poi un’importante migrazione legata al lavoro di cura anche da Filippine, Asia orientale e Africa del Nord.
Più della metà di questi lavoratori sono concentrati in quatto regioni: Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Toscana. Oltre la metà ha un’età compresa fra i 40 e i 59 anni. Un ambito come si è visto soprattutto “al femminile”, considerato di serie B, non adeguatamente riconosciuto, nel quale i diritti sono spesso negati e in cui è drammaticamente diffuso il lavoro nero, dichiara la nuova segretaria nazionale Giamaica Puntillo.
Resta l’impossibilità di vedersi riconosciuta la maternità o la malattia, così come permangono la precarietà lavorativa, il rischio sfruttamento, la solitudine, se non, addirittura, forme di violenza, sia fisica che psicologica, spesso taciute, oltre a retribuzioni talvolta molto basse.
E poi la crisi delle relazioni familiari: spesso i matrimoni non reggono alla lontananza e il legame con i figli si indebolisce.
Di qui il diffondersi della pericolosa illusione delle “mamme Bancomat” che si sforzano di mantenere saldo questo legame ammazzandosi di lavoro per inviare sempre più soldi a casa. Nel corso dell’assemblea è stata votata all’unanimità la mozione con cui Acli Colf diventa ufficialmente “associazione professionale” per un impegno sempre più efficace nella promozione e tutela del lavoro domestico e di cura.