Il terremoto di Fivizzano narrato in forma di prosa d’arte

Un ignoto autore scrisse una cronaca del sisma che tra il 6 e il 7 settembre 1920 colpì la Lunigiana orientale e Fivizzano in particolare. “Qualche cosa di sinistro incombe sulla terra, l’aria si fa pesa, la luce s’offusca… Trema, traballa il suolo, par che urti e cozzi contro scogli; sotto i piedi elettrizzata è la terra, quanto si adocchia d’intorno è preso da tremito, i cespugli, le chiome degli alberi sono un mare agitato”

35Fivizzano_terremoto_1920bIl narratore testimone di Cerignano assistette al terremoto di Fivizzano e lo descrive come un agente misterioso che ha vita da sconosciute forze endogene di pochi secondi ma sufficienti per “rovistare le viscere, gli strati della terra, squarciare il suolo, demolire case, far vittime e mettere spavento da inebetire”.
Tutto comincia il 6 settembre verso le ore sedici: un sordo boato è seguito subito da tremito ondulatorio del terreno. Il narratore si trovava a Debicò per la vendemmia dei carichi pergolati dell’orto di canonica “fra il garrulo e festoso chiasso dei ragazzetti del colono”. Durante la breve scossa era sui pioli di una scala, ma gli sembrava di tenere i piedi su una slitta o su una tavola natante. I ragazzi da seduti saltarono all’aria per il colpo ricevuto, ridevano e chiedevano spiegazioni.
Giunsero notizie di scosse a Fivizzano, i più dormirono sotto le stelle. Non iniziò uno sciame sismico più leggero e benigno; arrivò invece una scossa oltre ogni dire violenta e spaventosa, una di quelle dette massime e che fanno epoca.
35Fivizzano_terremoto_1920aSi scatenò la mattina del 7 settembre verso le otto come un improvviso ciclone con tutta la violenza e tutto il terrore. “Una corrente d’aria come vento d’obice o di una freccia lontano sibilante ferisce l’orecchio, colpisce a tergo, freme tra le foglie che stormiscono, tremano, si piegano sotto l’onda aerea che le agita, poi si ode un boato come di una detonazione che squarcia l’atmosfera. Qualche cosa di sinistro incombe sulla terra, l’aria si fa pesa, la luce s’offusca. Ed ecco che allo strano fenomeno aereo risponde quasi magneticamente ed elettrizzato un movimento convulsivo della terra. A gran corsa arriva e passa sotto i piedi un flutto d’onde sonanti come vetri che si frangono, una è incalzata da un’altra e questa da altre fittamente susseguentesi né cessano neppure un istante. Trema, traballa il suolo, par che urti e cozzi contro scogli; sotto i piedi elettrizzata è la terra, quanto si adocchia d’intorno è preso da tremito, i cespugli, le chiome degli alberi sono un mare agitato; all’occhio par scorgere sul suolo l’onda che cammina, i sassi che roteano e si urtano, i ciottoli che si camminano avanti, ripiegano, sostano; anzi l’ondulazione è resa visibile, le case, i casolari appariscono come scenari in movimento, sullo sfondo poi lontano delle colline, dei monti un tremolio fine, fuggente. E non accenna a finire. Il movimento si accentua, vorticoso e sussultorio. Le forze immani sprigionate da profondità incalcolabili sono come un’immensa mina sotterranea. Sobbalza il terreno, si aprono fenditure, voragini che tosto si richiudono; da una parte cadono tegole”.
35Fivizzano_terremoto_1920cSulla facciata della chiesa si screpola e cade l’intonaco, cadono le tegole, la crocetta sul timpano si stacca e precipita sulla scalinata, da Pescigola e Serrarola viene il fragore dei tetti. Sopra Fivizzano si alza un tuono acuto, la cuspide del campanile è recisa del tutto, balza in aria e si rovescia a terra.
Dalla città si alza un nuvolone che si allarga come una nebbia. Alla tragica scena si aggiungono le grida dello spavento, i bambini gridano terrorizzati. Aumentarono ancor più l’angoscia i lugubri rintocchi del Campanone di Fivizzano invocanti soccorso. Il terremoto durò molti minuti, il narratore ebbe il tempo di notare e vedere, fu preso da terrore, era solo, isolato sulla collina da cui subì l’orrore di quanto accadeva sotto i suoi occhi. Finita la convulsione aerotellurica, angoscia mortale cadde sugli animi; il pensiero dei danni, delle vittime incombeva sinistramente.
Passando per Fivizzano incontrò le persone che,mancando loro la parola,esprimevano col tremore delle labbra tutta la disperazione. Cominciò un andirivieni verso l’ospedale, tante persone erano in stato confusionale, con gli occhi sbarrati. Il teatro degli Imperfetti crollò insieme a quasi tutte le case, macerie e crolli ovunque, le arcate della Porta lesionate. La chiesa della Misericordia a terra, la parrocchiale restò in piedi grazie alle catene alle colonne e ai muri. Squadre di soccorso con un certo ritardo arrivarono, le organizzò il Proposto, che pure era in preda al tremito e gridava che si era di fronte a un disastro come quello di Casamicciola. “Si videro compire atti generosi di pietà e di carità; estrarre di sotto a palchi e soffitte cadaveri di asfissiati, corpi contusi, pestati, sanguinanti”. I danni furono immani, Fivizzano non esisteva più, tutti i paesi intorno a largo raggio furono gravemente colpiti, specialmente Sassalbo, Reusa, Vigneta, Posara.