
Riaperto dopo un importante intervento di restauro
Grazie all’iniziativa degli Amici di San Caprasio, sostenuti da numerose Associazioni del territorio, il 12 settembre è stato presentato il palazzo Malaspina di Pallerone, riportato all’antico splendore grazie al corposo intervento di restauro realizzato da Alberto Malatesta che ha voluto così riportare il suo paese ai fasti antichi. L’occasione è stata importante perché grazie agli interventi di numerosi studiosi di storia lunigianese è stato possibile ripercorrere le vicende dell’antico feudo malaspiniano di Olivola che in Pallerone, nel XVII secolo, stabilirà la nuova dimora dandole quella dimensione che fosse all’altezza del blasone della famiglia marchionale.
Dopo i saluti del sindaco di Aulla Roberto Valettini, sotto la direzione di Riccardo Boggi che ha presentato i relatori, Andrea Malatesta ha dato un senso al suo impegno proponendo le tappe di una storia che ha sentito necessario dover ripercorrere.
A Germano Cavalli il compito di ricostruire le vicende secolari del Feudo di Olivola in tutta la loro complessità fino agli esiti fastosi del Sei Settecento in cui i marchesi del ramo dello Spino fiorito hanno saputo offrire il meglio delle loro qualità.
Claudio Palandrani, presidente di Apua Mater, è entrato invece nelle intricate vicende dell’alchimia che, in modo poco noto, ma chiaramente intrigante, ha coinvolto in passato, in parecchie occasioni, anche la Lunigiana e, nello specifico, proprio alcuni marchesi di Olivola per una storia però ancora tutta da raccontare.
Anna Triani, che ha diretto e realizzato gli interventi di restauro, ha messo in luce la complessità dell’intervento, sicuramente oneroso, ma importante per rioffrire al territorio una testimonianza artistica che apre a tutta una serie di prospettive nuove per una conoscenza più completa del nostro patrimonio. A Luciano Bertocchi il compito di collocare criticamente il complesso artistico presente nel grande salone del piano terra. Si tratta in concreto del primo esempio locale di decorazione profana che presenta sei grandi quadri con scene mitologiche, a narrare alcuni degli eventi più noti della mitologia classica, affiancati da sette piccoli medaglioni con scene di vita agreste e familiare.
L’attribuzione a Stefano Lemmi, pittore garfagnino, ma fivizzanese di adozione, operante tra Sei e Settecento, sembra quasi scontata a livello stilistico, ma mancano prove documentarie che ne attestino la validità. Siamo comunque in presenza di una proposta decorativa che, sebbene di non altissima qualità, si pone come antefatto naturale a quanto accadrà nella Pontremoli settecentesca, in particolare a Palazzo Dosi.
In concreto, un nuovo tassello che viene ad integrare i tanti vuoti del nostro patrimonio, ancora troppo poco noto sotto diversi aspetti, ma che attende solo di essere recuperato ed offerto al pubblico, nella certezza di un successo che l’esperienza di Pallerone ha documentato esplicitamente visto il consenso offerto da una folta partecipazione, imprevista, ma decisamente stimolante.