Carlo Sforza di Montignoso, alto commissario per le sanzioni contro il fascismo

Un saggio di Andrea Lepore pubblicato da Pacini per conto dell’Istituto Storico della Resistenza

03Carlo_SforzaNel saggio Carlo Sforza Alto Commissario per l’epurazione. Le sanzioni contro il fascismo Andrea Lepore ricostruisce con minuta cura la fase cruciale della storia dell’epurazione, parola che attiene a problemi storici, politici e propriamente etici: purificare l’Italia dalla “politica dissennata e criminale” dei fascisti secondo vari gradi di responsabilità.
Il volume è presentato da Massimo Michelucci dell’Istituto Storico della Resistenza Apuana (che pubblica una collana di Saggi con Pacini Editore di Pisa), che giudica il fallimento di fatto dell’epurazione, è introdotto da Corrado Giunti con note biografiche e valutazioni della personalità di Carlo Sforza (1872-1952). Andrea Lepore dà notizie sulla personalità di questo figlio dello storico Giovanni Sforza di Montignoso.
Carlo di idee liberali progressiste, con aperture all’europeismo di matrice mazziniano, già sottosegretario agli Esteri definì nel Trattato di Rapallo del 1920 i confini orientali d’Italia e lo “status” internazionale alla città di Fiume. Ambasciatore a Parigi, si dimise il 30 ottobre 1922 subito dopo la marcia su Roma. Dopo il delitto Matteotti divenne un deciso oppositore del fascismo e dal 1927 visse esule in Francia, riconosciuto come leader antifascista in un’area laica non marxista.
Il 30 maggio 1940 scrisse al re per dissuaderlo dal far entrare l’Italia in guerra. Dopo l’armistizio rientrò in Italia, prese posizione per l’immediata abdicazione del re e assegnare solo al popolo il diritto di decidere tra monarchia e repubblica.
Nel primo governo Badoglio di unità nazionale fu ministro senza portafoglio e dal 27 luglio 1944 al 5 gennaio 1945 ebbe la carica di Alto Commissario “per la punizione dei delitti e degli illeciti del fascismo”. L’operazione era già stata avviata dagli Alleati, imposta al governo nell’atto di armistizio. Fu un lavoro difficile e complesso, vaghi erano i criteri per individuare le persone da epurare, che ora dichiaravano di aver sempre avversato la dittatura, ma di averla dovuta subire.
Per estraneità alla cultura giuridica diventava un problema l’introduzione del principio di retroattività nella composizione della “lista nera” dei fascisti “pericolosi”, venivano arrestati o rimossi i prefetti, organizzati campi di concentramento. Ma il governo di fatto era attendista circa la messa in atto di azioni che allontanassero dai gangli vitali dello stato i collusi col regime, non c’era riferimento ai fascisti della RSI. In concreto le disposizioni rimasero in gran parte lettera morta. L’opera del governo risultava frammentaria e propagandistica ed era evidente l’intento del re di prendere le distanze dal fascismo per non restare coinvolto nel crollo di un sistema di cui era storicamente responsabile.
L’Alto Commissariato presieduto da Sforza emanò decreti meglio adeguati all’epurazione, istituì commissioni provinciali per il personale degli enti locali; nonostante le difficoltà fu riconosciuto che aveva fatto un buon lavoro. Il Consiglio dei ministri del 4 gennaio 1945 lo sostituì con quattro Alti Commissari Aggiunti e un Decreto legislativo nel 1946 lo soppresse devolvendo le sue competenze alla magistratura ordinaria.
Carlo Sforza riteneva di aver agito non senza “umana pietà”, di non aver applicato misure disciplinari a chi dopo l’8 settembre 1943 si era distinto nella lotta contro i tedeschi.
Chiara era stata la sua direttiva generale: colpire in alto, indulgere in basso, sveltire la legge per evitare che le popolazioni martoriate si facessero giustizia da sé. Ma nell’insieme l’incarico lo lasciò deluso, si dimise da ministro e dall’incarico di Commissario.
Di fatto fu forzatamente messo fuori per resistenze interne e per gli attacchi di Churchill che gli preclusero di esser nominato Capo del Governo o anche solo ministro degli Esteri dopo la caduta del governo Bonomi. Il primo ministro inglese non lo stimava e contestava che avesse chiesto al re di abdicare prima che fosse organizzata la guerra antitedesca, possibile solo col re in carica. Gli furono ostili anche gli ambienti militari. Nel dopoguerra fu lungimirante nel consigliare l’accettazione del trattato di pace per l’Italia e la scelta atlantica.

(m.l.s.)