
Domenica 23 marzo – III di Quaresima
(Es 36,23-26; 1Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9)
Dopo le prime due domeniche di Quaresima che hanno argomento fisso ogni anno, le altre domeniche quest’anno ci parlano della misericordia di Dio e del perdono dei peccati.
1. Quei Galilei erano più peccatori di tutti i Galilei? Nel brano di vangelo si raccontano due fatti tragici, non riferiti da altre fonti: i Galilei uccisi da Pilato e i diciotto schiacciati dal crollo della torre di Siloe. Sono episodi di sangue simili a quelli che ascoltiamo ogni giorno nei telegiornali: vittime di inondazioni, di terremoti, di incidenti stradali, di violenze familiari, ecc. In passato questi avvenimenti, con l’aggiunta della paura dell’inferno, offrivano materiale ai predicatori per invitare alla conversione e al pentimento dei peccati. Gesù ci mette in guardia da giudizi generalizzati.
Quando nel 1966 la città di Firenze fu allagata fino al secondo piano, qualche giornalista scrisse che la città era stata punita per i suoi peccati. Il buon sindaco La Pira disse: “Forse che a Firenze i peccatori abitano tutti al primo e secondo piano?” Il Signore non è un esattore delle imposte che ci aspetta al momento opportuno per farcela pagare, ma ci manda segni per invitarci alla conversione, e chi ha fede sa cogliere i suoi avvertimenti.
2. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire. Abitualmente identifichiamo Dio con il padrone della vigna, ma nella parabola di oggi il comportamento di Dio è raffigurato dal vignaiolo che, nonostante la duratura infruttuosità dell’albero di fichi, invita il padrone ad avere pazienza almeno ancora per un anno.
Il padrone che dice di tagliare l’albero infruttifero forse rappresenta il Dio giustiziere che noi immaginiamo fatto a nostra immagine, non il Dio “grande nell’amore” rivelato da Gesù.
Non facciamoci però illusioni, perché il tempo passa veloce e non possiamo arrivare davanti a Dio a mani vuote. Non aspettiamo fatti traumatizzanti, sul tipo dell’uccisione dei Galilei da parte di Erode o il crollo della torre di Siloe, ma scrutiamo e comprendiamo i fatti normali. Non facciamo come i soldati che giocavano a dadi mentre si compiva la redenzione del mondo.
3. Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere. La storia della salvezza non è statica, ma è un cammino come quello compiuto dagli Ebrei nel deserto. Essi hanno sperimentato i doni di Dio ma non tutti hanno raggiunto la salvezza e molti sono periti nel deserto.
Gli eventi del passato possono essere riletti per trarne un ammonimento attuale onde evitare i peccati commessi dal popolo nel deserto: idolatria, immoralità, tentazione e mormorazione verso Dio, incapacità di vedere e riconoscere la sua opera benefica.
Chi si apre alla iniziativa libera e sovrana di Dio può contare sulla sua fedeltà, perché Egli è fedele e nella tentazione offre a chi si affida a lui la possibilità di affrontarla e di uscirne senza cadere.
† Alberto