
Sbarco in Normandia e liberazione di Roma: due azioni della stessa strategia bellica e politica

C’era il Comandante della V armata USA a capo del corteo di mezzi e soldati alleati che il 5 giugno 1944 entrò a Roma: dalla sera prima la Città Eterna era finalmente libera! Il generale Clark, una ventina di anni dopo, avrebbe spiegato come la conquista di Roma e lo sbarco in Normandia avviato due giorni dopo fossero operazioni coordinate all’interno di una strategia generale.
La liberazione del Campidoglio dall’occupazione nazifascista doveva avvenire subito prima dell’inizio della riconquista del suolo francese e l’inizio dell’avanzata su Berlino. Ma quel giorno, in quella che era stata la Capitale del Regno d’Italia e, per qualche anno, dell’effimero impero fascista, quasi tutti pensavano solo a festeggiare: la gente aveva invaso strade e piazze, acclamando ai liberatori.
Erano passati meno di quattro anni da quando, molte di quelle stesse persone, in quelle stesse piazze, acclamavano il duce che dichiarava guerra a Francia e Inghilterra. “I romani sembravano impazziti d’entusiasmo – raccontava Mark Clark – e in Piazza Venezia la folla era così fitta che bloccò le nostre jeep. Finalmente ci aprimmo un varco e salimmo sul colle del Campidoglio”.
Qui il generale voleva incontrare il prima possibile i comandanti dei reparti per proseguire l’avanzata verso nord incalzando il nemico germanico e i suoi alleati della Repubblica Sociale. L’Italia, come noto, era già stata formalmente sconfitta con la resa incondizionata di nove mesi prima ufficializzata dalla firma dell’Armistizio.
Intanto, in quelle stesse ore, papa Pio XII si affacciava al balcone su una piazza San Pietro gremita di gente iniziando il suo saluto con la frase: “Roma guarda oggi, con nuova speranza e con rinnovata fiducia, alla sua salvezza”.
Nel breve volgere di pochi giorni il governo guidato da Pietro Badoglio lasciò il posto al primo dei due esecutivi guidati da Ivanoe Bononi: un governo di coalizione sostenuto da tutti i partiti antifascisti. Erano trascorsi quasi undici mesi dallo sbarco in Sicilia che aveva portato le truppe di Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti a riconquistare quella parte del territorio europeo dal quale erano state scacciate fin dalla ritirata di Dankerque del 4 giugno di quattro anni prima con il salvataggio di quel che restava dei militari inglesi e francesi incalzati dall’esercito di Hitler.
Con lo sbarco in Sicilia, la liberazione di Roma e lo sbarco degli alleati in Normandia, la guerra contro la Germania avrebbe registrato un’accelerazione formidabile. Ce n’era bisogno visto che nel mezzo c’era stato il lungo stallo sul fronte della Linea Gustav con l’avanzata degli Alleati ferma per mesi. In quello scenario anche lo sbarco ad Anzio (22 gennaio 1944) non aveva portato i risultati sperati.
Doveva essere utile a insinuare truppe americane in territorio occupato a nord della Gustav, ma la strategia era fallita perché il feldmaresciallo Kesselring riuscì a fermare i reparti del VI Corpo d’Armata costringendoli ad una lunga guerra di posizione che si protrasse fino alla primavera avanzata.
Solo il crollo del fronte fra Cassino e l’Adriatico e il conseguente ritiro dell’esercito tedesco molto più a nord, sulla Linea Gotica, permise agli Alleati di avanzare fino a Roma.
Una settimana dopo gli Alleati entrarono in Toscana e in breve liberarono Grosseto; il 3 luglio fu la volta di Siena, due settimane dopo toccò a Livorno. Firenze dovette aspettare fino all’11 agosto 1944, Pisa fino al 2 settembre e altri tre giorni Lucca.
Vista la presenza della Linea Gotica per la provincia apuana, come noto, l’attesa si prolungò invece di altri sette lunghi e difficili mesi.
Paolo Bissoli