Nato nel 1947 Paul Auster si è affermato come uno dei più apprezzati autori statunitensi attraversando generi e formati con continuità impressionante, da “L’invenzione della solitudine” a “Timbuctù”, da “Trilogia di New York” a “Nel paese delle ultime cose” , da “4 3 2 1” a “Follie di di Brooklyn”, da “La notte dell’oracolo” a “Ragazzo in fiamme. Vita e opere di Stephen Crane” con uno stile attento e sorvegliato ha costruito un mondo in cui l’esattezza puntigliosa non ha impedito accensioni travolgenti capaci di suscitare un fascino inconsueto e costante pur mettendosi sempre in gioco con apparente sfrontatezza.
Questo suo ultimo “Baumgartner” (Einaudi pagg. 155 euro 17,50 traduzione di Cristiana Mennella) ci porta nella vita di Seymour Tecumseh Baumgartner in una giornata che comincia con una impressionante catena di infortuni domestici che gli impongono una riflessione approfondita su ciò che è diventata la sua vita: filosofo docente a Princeton, pubblicato con successo è rimasto vedovo dieci anni prima, la moglie Anna è affogata per un’onda anomala che ha imprudentemente sfidato nelle acque di Capa Cod sotto i suoi occhi.
Il loro era un rapporto perfetto fondato anche sulle differenze, Anna aveva un carattere più vivace-vitale del marito, scriveva poesie con ottimi esiti senza peraltro pubblicare costituendo il punto essenziale per gli equilibri di coppia. Decide di consultare gli scritti che la donna ha lasciato immaginando di poter renderle giustizia anche sul piano professionale. Da qui, dopo il giorno degli incidenti di cui si è detto, decide di pensionarsi e ventila anche la possibiltà di una nuova situazione sentimentale.
Ha 71 anni e gli sembra assennato un tentativo di riprogrammazione di una nuova esistenza. Il percorso è anche un’occasione per riflettere per un consuntivo che lo riporterà a percorrere a ritroso la sua storia con Anna, la sua vita familiare precedente con la famiglia di origine, addirittura le origini anche remote che lo hanno portato allo stato attuale.
Storia di formazione, d’amore, della impossibilità della elaborazione del lutto più atroce, dei tempi della vita impossibili da determinare e quindi dell’implacabilità del caso, della volontà e della fantasia di perseguire sempre e comunque un equilibrio apparentemente impossibile da raggiungere costituiscono il senso di questa storia dove, ancora una volta, Auster ci fa precipitare senza scampo per una condivisione che ci fa capire perché lo si possa amare come un amico che ci è necessario.
Ariodante Roberto Petacco