Lucrare consenso sulla paura di un’Italia sempre più multiculturale

Il caso della scuola milanese di Pioltello che ha deliberato la sospensione delle lezioni nell’ultimo giorno di Ramadan

(foto pagina facebok Istituto Comprensivo “Iqbal Masih” – Pioltello)

C’è un pezzo d’Italia, probabilmente minoritario ma comunque capace di fare leva in modo efficace sul sentimento della paura del cambiamento e di penetrare il dibattito pubblico con slogan, messaggi e parole d’ordine, che non si rassegna al fatto che l’Italia è definitivamente trasformata in un paese multiculturale. E c’è un pezzo rilevante di classe politica che non esita ad accantonare le responsabilità connesse al proprio ruolo per lucrare consenso su tutto ciò.
La vicenda della scuola di Pioltello, nell’hinterland milanese, al centro della cronaca per la decisione del Consiglio di Istituto di sospendere l’attività didattica il prossimo 10 aprile, ultimo giorno del Ramadan islamico, ne è l’ennesima dimostrazione.
Il leader della Lega e vice presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Salvini, che ha paventato una “islamizzazione” del Paese e parlato di una scelta “contro le nostre tradizioni”, e il ministro all’Istruzione Giuseppe Valditara, che ha chiesto “di verificare le motivazioni di carattere didattico che hanno portato a deliberare la deroga al calendario scolastico regionale e la loro compatibilità con l’ordinamento”.

Il logo dell’Istituto Comprensivo Iqbal Masih

Anche perché, ha osservato ancora Valditara, “le festività possono essere introdotte esclusivamente dalla Regione o dallo Stato”. Il Consiglio di Istituto della scuola, in realtà, non ha istituito alcuna festività, ma nel rispetto delle leggi e dell’autonomia scolastica – di cui l’opinione pubblica ha scoperto l’esistenza a 25 anni dalla sua introduzione – ha sospeso l’attività didattica adattandola alle esigenze locali, recuperando il giorno perso anticipando di un giorno a settembre l’inizio delle lezioni.
Una scelta adottata in tante realtà scolastiche: chi per carnevale, chi per le vacanze invernali delle famiglie, chi per consentire la partecipazione a eventi locali, chi per fare “ponte” tra festività ravvicinate.
In molte regioni si predispone un calendario più lungo per consentire sospensioni didattiche da deliberarsi a seconda delle esigenze delle singole scuole. Anche l’iter amministrativo della delibera è risultato corretto.
La sospensione didattica in occasione della fine del Ramadan era stata deliberata già a maggio 2023, senza che destasse nessuno scalpore. È del tutto evidente quindi la pretestuosità delle polemiche.
E di fronte alle richieste di annullamento della delibera da parte dell’Ufficio scolastico regionale, il dirigente scolastico Alessandro Fanfoni ha deciso di rimettere nuovamente in votazione la delibera, sanandola da alcuni rilievi formali.
Nessun passo indietro, quindi, da parte del dirigente e della scuola “Iqbal Mashib”, molto compatta nel difendere le proprie scelte dalle invasioni di campo della politica. Ma il merito attribuibile al caso di Pioltello va oltre i cavilli giuridici: è quello di avere dimostrato che la scuola non è scollegata dalla società e dalla realtà in cui opera.

I parroci di Piolterro: “Passione e cura
per ogni persona e per la sua identità”

(foto pagina facebok Istituto Comprensivo “Iqbal Masih” – Pioltello)

La Chiesa cattolica di Milano è intervenuta a seguito delle polemiche seguenti alla chiusura della scuola di Pioltello nell’ultimo giorno di Ramadan, sia con l’arcivescovo Delpini, che ha rilevato che “una delle cose più importanti della vita è la religione. Non so come è il regolamento delle scuole, si sospende anche a Carnevale”, sia attraverso il diacono permanente Roberto Pagani, responsabile del Servizio per l’Ecumenismo e Dialogo della Diocesi, che ha parlato della necessità di riconoscere “la composizione della nostra società e la presenza dell’altro, mantenendone la diversità con rispetto e non avendone paura”.
Anche i tre parroci di Pioltello hanno preso posizione: “la decisione del Consiglio di Istituto – hanno detto – è nata da una seria e attenta capacità di leggere il tessuto sociale della nostra città che, come sappiamo, ha una percentuale di presenza di popolazione musulmana molto alta”. “Non accettiamo in alcun modo – proseguono i tre sacerdoti – i toni aspri e violenti con cui in questi giorni si è manifestato il dissenso, trasformando una scelta ponderata in una battaglia politica o ideologica”.
Di fronte alla situazione sociale del comune in cui operano, don Andrea, don Giacomo e don Marco osservano che “la realtà di Pioltell è molto complessa e di certo non servono le chiusure e il disprezzo. Serve invece la capacità di darsi la mano e lavorare insieme. Riteniamo che la decisione, presa in modo collegiale, di chiudere la scuola in occasione della fine del Ramadan sia nata dal buon senso di chi opera ogni giorno in una realtà multietnica con passione e cura per ogni persona e per la sua identità”.
I tre parroci hanno chiuso il loro messaggio asserendo che “quando le polemiche saranno finite a Pioltello resteremo noi, resteranno le persone; uomini, donne e bambini di buona volontà che vogliono vivere insieme, che vogliono una città bella e serena e, anche se costa fatica e non è scontato, ogni giorno si sporcano le mani, costruiscono ponti e inventano iniziative per incontrarsi, accogliersi e aiutarsi”.

 

(foto pagina facebok Istituto Comprensivo “Iqbal Masih” – Pioltello)

Pioltello è un comune nel quale risiedono cittadini di oltre 160 nazionalità e nella scuola il 40% dei bambini e delle bambine sono musulmani che il 10 aprile avrebbero comunque disertato le lezioni per festeggiare con la propria comunità.
Le esigenze didattiche vanno in parallelo alla presa d’atto che la laicità sancita dalla Costituzione è un principio inclusivo delle diverse culture e fedi, senza esclusione per alcuna identità religiosa.
Di fronte a una realtà che dalla scuola si irradia sull’intera società italiana c’è chi preferisce strumentalizzare e svuotare di significato la tradizione cristiana con un arroccamento identitario utile per nascondere il fatto che l’immigrazione non è un’emergenza ma un processo strutturale oramai da tre decenni: ammetterlo significherebbe smentire la narrazione dell’invasione e spuntare le armi di chi costruisce sulla paura carriere politiche che se dovessero basarsi sui valori e sulle proposte durerebbero molto poco.

(Davide Tondani)