Sembrerà strano, ma c’è bisogno d’acqua

La lunga fase perturbata non ha avuto lo stesso impatto sulle diverse regioni italiane. Questo è un fatto normale, considerato che l’Italia si estende in latitudine e longitudine ‘coronato’ da una catena montuosa e percorso da un’altra che ne traccia la ‘spina dorsale’.
L’importanza dei versanti e della loro risposta alle correnti perturbate spiega il resto. Talora, poi, le precipitazioni si concentrano su un’area ristretta; in altri interessano un territorio più esteso, come è avvenuto in maniera disastrosa nelle province romagnole e in quelle emiliane più orientali.
Pertanto, ci si ritrova a fronteggiare una gravosa fase post-alluvione tra Bologna, Rimini e l’Appennino Tosco-Romagnolo accanto ai non risolti problemi della scarsità di pioggia degli ultimi mesi che, nonostante il rincorrersi dei sistemi nuvolosi, resta altrove.
Anche rimanendo nella stessa Emilia: a Piacenza, infatti, i pochi mm caduti destano un comprensibile stupore rispetto alle centinaia di mm che hanno subissato le colline romagnole inondato le sottostanti pianure.
A tutto c’è una spiegazione, e a tal proposito è sufficiente far notare che le correnti orientali non potevano certo recare piogge consistenti sulla Liguria e su gran parte della Toscana, eccetto la sua parte più interna a ridosso di Romagna e Marche.
In Val di Vara, Lunigiana e Garfagnana, ci si poteva aspettare forse un poco di più, ma non molto. La situazione creatasi si è rivelata estremamente avara con i versanti occidentali ed eccessivamente prodiga con quelli più orientali.
Solo qualche forte temporale ha attutito appena,casualmente e localmente, l’enorme divario tra le aree più battute dal diluvio e quelle che ne sono rimaste esenti o toccate in modo marginale. Il più delle volte, si è al cospetto dell’esatto contrario: perturbazioni atlantiche in successione riversano piogge copiose sul Levante Ligure, l’Alta Toscana, la regione dei laghi prealpini e oltre fino al Veneto e al Friuli, ma lasciano in ‘ombra’ e più tranquille, con fenomeni meno intensi, le pianure emiliano-romagnole e le Marche.
Basta scorrere una serie di importanti passaggi perturbati per rendersene conto. La casistica della distribuzione delle piogge in Italia, d’altro canto, non si esaurisce con questi due esempi, ma è ben più ricca.
Nella settimana in esame, è parsa quasi una burla quel continuo cielo coperto dal quale gocciolava o scendeva comunque una pioggerella ‘passata al setaccio’. Per la gran parte del tempo, la catena appenninica è risultata nascosta o poco visibile per lo sbarramento nuvoloso da NE o da Est.
I venti provenienti da quella direzione, discendenti sul versante lunigianese, tendevano poi a girare da NW, N o NE (senza essere una vera tramontana) per la conformazione del nostro bacino intermontano che li canalizza in tal modo.
A causa dell’ombra pluviometrica, che si impone man mano che ci si porta da monte a valle con quel tipo di correnti, le zone che hanno ricevuto più pioggia per l’intero periodo in esame sono state, ovviamente, quelle più alte e orientali fra il Passo del Lagastrello, il Passo del Cerreto e la Nuda.

a cura di Maurizio Ratti, Mauro Olivieri e Giovan Battista Mazzoni