La guerra ci coinvolge tutti
Papa Francesco interviene all’apertura della 77ª Assemblea generale della Cei (Foto Vatican Media/SIR)

Non poteva iniziare la sua prolusione all’Assemblea generale della Cei se non con un pensiero “all’Emilia Romagna, piegata dalla furia delle alluvioni” e così è stato. Prima di questo, il card. Matteo Zuppi, presidente della Cei e anche arcivescovo di Bologna, ha rivolto un omaggio al Papa, che si era incontrato con i vescovi il giorno prima, per “la sua parola e la sua presenza” che “mostrano il suo affetto per la nostra Chiesa e l’Italia tutta”.
Ma gli argomenti su cui Zuppi si è soffermato più a lungo sono stati la guerra – ed i rifugiati, generati da quella – e i problemi sociali. “Siamo il popolo della pace”, ha affermato, e in quanto tali “siamo chiamati a essere tutti operatori di pace”. Per questo, ha auspicato che la cultura di pace già diffusa tra la gente, possa essere ampliata e fortificata.
Non ha mancato di richiamare le responsabilità della politica, che sembra tendere più ad “infiammare gli animi anziché risolvere i problemi, dimentica della maturità raggiunta dopo gli orrori della guerra”.

Il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei (Foto Siciliani – Gennari/SIR)

Solo guardando all’insieme, allo sviluppo di tutti si può pensare di elaborare politiche capaci di favorire il consolidamento della pace.
Strettamente legato a questo tema è il problema originato dalle migrazioni: “La solidarietà con i rifugiati – quelli ucraini, ma non solo – è un’azione di pace”, ha detto, così come “seguire le vicende dolorose dei Paesi lontani, con la preghiera e l’informazione, è una forma di carità”. Guardando all’interno della Chiesa, il presidente Cei ha definito “non fondati” il pessimismo e la timidezza, auspicando per la Chiesa italiana “la capacità di abbattere i muri dell’abitudine”, evitando, così, il rischio di un ripiegamento identitario, accontentandoci di ‘pochi ma puri’”, versione edulcorata del ‘pochi ma nostri’. Infine i problemi sociali, prima di tutti la denatalità: “La vita ha bisogno, per crescere e generare vita, di casa e di lavoro”.
Su quest’ultimo tema, il cardinale ha rilanciato l’appello della Caritas per l’avvio di “politiche di contrasto alla povertà”, con “provvedimenti volti a ridurre la precarietà e il fenomeno del cosiddetto lavoro povero”. Allo stesso modo, ha chiesto che l’Italia si faccia casa ospitale per le giovani coppie e per chi non ha casa.
Pur lodando le strategie di detassazione inserite nel ‘decreto lavoro’, ha messo in guardia contro l’allargamento dei limiti per i contratti a tempo determinato e l’ampliamento dell’utilizzo dei voucher. “La protesta degli studenti, ha affermato, è una spia significativa di un più vasto disagio silenzioso”.
“C’è un’Italia che soffre: i giovani, le famiglie, gli anziani, i senza casa, i precari, i poveri. La solitudine è una povertà in più. Quella delle periferie urbane, delle aree interne, parte importante – non come numero di abitanti – per l’ecologia umana e ambientale dell’Italia di domani”.

Antonio Ricci