“Il nostro talento è l’essere figli di Dio e diventare fratelli davvero”

La “Lectio divina” del Vescovo Mario nella Pieve di Monti di Licciana, nell’ambito del progetto quaresimale diocesano dei “Gruppi di ascolto della Parola”

Il Vescovo Mario nella Pieve di Monti di Licciana

La presenza del nostro Vescovo Mario, che ha voluto rendersi partecipe del progetto quaresimale diocesano dei “Gruppi di ascolto della Parola di Dio”, ha richiamato numerosi sacerdoti e tantissime persone da tutta la Lunigiana, giovedì 23 marzo nella Pieve di Monti di Licciana Nardi. Un momento di preghiera intenso con la “Parabola dei talenti”, proclamata dal capitolo 25 del Vangelo secondo Matteo, che ha fatto da sostrato alla lectio del Vescovo.
Fra Mario ha voluto iniziare fornendo gli strumenti per pregare la Parola di Dio in modo più vero e profondo; ha voluto subito mettere in chiaro che non avrebbe affrontato questo testo con una lettura secondo la logica del mondo: una lettura, ha spiegato, un po’ semplicistica ma che forse è più vicina alla nostra mentalità, influenzata dalle ordinarie dinamiche economiche, dalla regola del dare per avere, dalla logica del profitto. Né tantomeno soffermandosi su una lettura dei talenti come delle capacità date a ciascuno di noi.
“Per scorgere il messaggio profondo che Gesù vuole condividere con noi, occorre fare un po’ di pulizia nel cuore e nella mente – ha detto – liberandosi dalla logica del mondo, attenendosi al testo, rimanendo aderenti alla Parola”.
Una parola scandita da due storie simili – quelle di coloro che ricevono 2 e 5 talenti – e da una più ampia, quella di chi ha ricevuto un solo talento e lo ha sotterrato per paura. Da questa ampiezza il vescovo Mario ha condiviso la riflessione che è lì che dobbiamo soffermarci perché Gesù ci vuole dire qualcosa: “Un passaggio – ha sottolineato – importante per convertire l’immagine di Dio che portiamo nei nostri cuori”. Il talento, ha spiegato, è un dono che abbiamo ricevuto gratuitamente. La vita, certamente, ma il più grande è il Battesimo che ci ha resi figli adottivi, figli amati da Dio. Un dono che però non può essere lasciato lì, messo a riposo, ma va trafficato, va condiviso.
“In quanto figli conduciamo una vita piena di senso e la dobbiamo donare, in famiglia, sul lavoro (…). Il nostro talento è proprio questo, l’essere figli di Dio e diventare, attraverso questo, dono agli altri, diventare fratelli davvero”. Per questo non possiamo farci la domanda sul perché ad uno ne sono stati dati cinque o due o uno soltanto. Non può esserci invidia – ha spiegato il Vescovo – perché ciascuno ha la sua particolarità che va messa a disposizione degli altri; solo così si crea la fraternità, la comunione secondo il Vangelo. La logica di Dio è la logica del dono gratuito per la quale, se ho ricevuto 5 talenti, altrettanti ne dono perché solo in questo modo, immettendosi nel ciclo del dono, possiamo sostenerci reciprocamente e creare la comunità nella comunione. Il personaggio che riceve un solo talento e lo sotterra, ci dice il Vangelo, lo fa per paura. Una paura che richiama – ha sottolineato Fra Mario – quella dei progenitori dopo aver mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male. Una paura che scaturisce da una visione distorta di Dio; da un’immagine di un dio invidioso, arrabbiato, che punisce. “Così Adamo ed Eva trattengono la loro vita, si nascondono, fanno come questo personaggio che fa una buca e ci mette la propria vita”.
Una riflessione che il Vescovo Mario, come ha voluto ricordare, condivide sempre quando è chiamato ad amministrare le Cresime. Anche quel dono, per tanti ragazzi che poi non frequenteranno più la chiesa, diventa qualcosa da mettere via, da lasciare magari nel ricordo di una fotografia. “Ma Dio – ha concluso il Vescovo con un messaggio carico di speranza – tiene talmente tanto al nostro essere figli che ci prova sempre, ci proverà per tutta la vita a far sì che quel dono sia aperto e condiviso”.

Tommaso Forni