
Ad Aulla, nel corso della assemblea degli “Amici di San Caprasio”, Antonio Pagani ha ripercorso le vicende dello stabilimento che arrivò ad impiegare mille persone
La storia del polverificio di Pallerone inizia il 14 luglio 1917 quando a Torino viene costituita la Società Italiana Esplosivi e Munizioni (SIEM) proprio per costruire uno stabilimento nella “prada” di Pallerone. Ma non lontano, nell’area di Gorasco, un centro di produzione della “polvere nera” era stato impiantato già intorno alla metà del Seicento, utilizzando le professionalità esistenti nel pontremolese.
Ad Aulla, di fronte alla platea dei soci dell’Associazione “Amici di San Caprasio”, è stato Antonio Pagani a tracciare le vicende principlai dello stabilimento di Pallerone, partendo appunto dalla premessa che erano stati i Centurione, genovesi signori di Aulla, ad acquistare, nel XVII secolo, un terreno nel territorio della comunità di Gorasco per avviare la produzione della “polvere nera”. Allo scopo avevano stretto un accordo con i componenti di una importante famiglia pontremolese, i Camisani, esperti nella produzione della polvere da sparo.
A Pontremoli, infatti, nel 1633 era stata introdotta questa fiorente attività: lo aveva fatto Marco Bocconi nella sua proprietà in loc. San Lazzaro, poco a monte del santuario della SS. Annunciata. Lo stabilimento avviato dai Camisani a Gorasco non ebbe vita lunga: le ultime tracce risalirebbero infatti al 1653 e non sono note le vicende che ne hanno caratterizzato la vita e la fine.

Al contrario è ben nota la nascita e lo sviluppo del polverificio di Pallarone, ad iniziare dalle difficoltà incontrate dalla SIEM ad utilizzare il terreno della “prada”: troppo prezioso per i suoi proprietari grazie alla fertilità di una terra facilmente irrigabile ed intensamente sfruttata per le coltivazioni agricole.
Ci sarebbe voluto un decreto di occupazione d’urgenza per espropriare l’area ed avviare la costruzione degli impianti: è il 25 febbraio 1918. Antonio Pagani ha spiegato come quel grande cantiere aveva offerto lavoro a più di trecento operai e una volta ultimato entra in produzione per rifornire di munizioni il Regio Esercito, soprattutto i caricatori completi di 6 colpi per il moschetto mod. 91.
Nel 1919 la produzione viene sospesa; riprende nel 1924 quando al lavoro ci sono 54 persone, 19 delle quali sono donne; un numero limitato, ma dodici anni dopo, mentre la SIEM si è trasformata in SGEM (Società Generale Esplodenti e Munizioni), i dipendenti erano ben 998!
A maggio il Regno d’Italia diventa Impero, le guerre coloniali hanno chiesto (e continuavano a chiedere) armi e munizioni: il polverificio di Pallerone è uno degli ingranaggi della “macchina da guerra” italiana.

Una macchina che deve essere sempre in moto, soprattutto quando, nel 1940, Mussolini trascina l’Italia nella seconda guerra mondiale al fianco di Hitler; la produzione a Pallerone è a pieno regime: è in questo periodo che si registrano alcuni gravi incidenti.
Eventi non così gravi come quelli accaduti a Mignegno di Pontremoli o a Boceda, ma una lapide collocata nel 1962 – ormai quasi illeggibile – ricorda le 9 persone che hanno perso la vita in tre episodi luttuosi. Il più grave è quello del 12 novembre 1940; sono le 9,50 del mattino e l’esplosione di un essiccatoio fa tremare la terra ad Aulla. In direzione di Pallerone si vede una colonna di fumo, la gente accorre: a perdere la vita sono quattro uomini e due donne. Trascorrono quattro mesi e il 28 marzo 1941 un incendio nel reparto polveri si porta via altre due vite; un altro incendio, sviluppatosi il 5 ottobre 1942, costa la vita ad un operaio.
I ripetuti bombardamenti alleati non centrano mai lo stabilimento e i tedeschi lo occupano subito dopo l’Armistizio; alla vigilia della Liberazione, il 24 aprile 1945, gli occupanti stanno per abbandonare il polverificio intenzionati a farlo saltare; lo scoppio avrebbe distrutto anche il vicino paese di Pallerone. Solo l’intervento di un sottufficiale tedesco, Josef Schiffer, evita la catastrofe: aiutato da alcuni operai, taglia le micce che avrebbero innescato le cariche; anni dopo Aulla, in segno di gratitudine, gli avrebbe assegnato la cittadinanza onoraria.
Nel dopoguerra lo stabilimento passa alla Montecatini nel 1950 e alla BPD nel 1966; viene smilitarizzato nel 1977 e ancora nel 1995 l’OTO-BPD vi produceva i missili Milan.
Paolo Bissoli