Sembra proprio che la storia, oltre ad avere difficoltà ad essere riconosciuta come maestra, si diverta a porre essa stessa nuove difficoltà di fronte agli uomini per confonderne ancor di più le idee. Poco più di 70 anni di relativa tranquillità ci avevano illuso che “l’età dell’oro” potesse andare avanti all’infinito, senza tener conto dello sfruttamento di interi popoli, delle risorse del nostro pianeta, delle conseguenze di un inquinamento mai seriamente considerato… e di altro ancora.
Sembrava destinata ad associarsi a questa tendenza positiva anche l’Europa unita, voluta da padri fondatori ai quali non era difficile attribuire la capacità di guardare avanti e spingere in quella direzione i loro popoli. Le incoerenze di una costruzione che da tempo avrebbe bisogno di una profonda revisione sono, però, state messe a dura prova negli ultimi anni da crisi economiche le quali hanno costantemente aumentato il numero di persone ridotte in povertà, da crisi sanitarie impreviste e imprevedibili, dalla crescita di egoismi che, per semplificare, sono messi sotto le voci “nazionalismi” e “populismi”.
E alla fin fine, sembra proprio che debbano essere questi ultimi “ismi” a mettere a rischio la pacifica convivenza dei popoli nel vecchio continente. Lasciamo da parte, per una volta, la guerra scatenata da Putin in Ucraina. Ci riferiamo, piuttosto ad alcuni problemi che, in un contesto di collaborazione tra Paesi, non dovrebbero rappresentare ostacoli insuperabili.
Ci riferiamo al dramma dei migranti, abbandonati dove riescono a sbarcare, accollati ai Paesi in prima fila per motivi geografici, poi dimenticati dagli uni e dagli altri. Ma il riferimento va anche a problemi più terra a terra, come quello riportato all’attenzione della politica e della pubblica opinione dal presidente Mattarella con i rilievi alle proroghe concesse dal Governo (come anche dai precedenti) sulle “concessioni demaniali marittime, lacustri e fluviali”.
Ora, però, tali provvedimenti porrebbero il nostro Paese in contrasto con le norme comunitarie in materia di libertà di concorrenza, come esplicitamente rilevato dalla Corte di giustizia europea e dal nostro Consiglio di Stato. Quest’ultimo aveva, infatti, sentenziato che ulteriori proroghe che andassero oltre la fine del 2023 sarebbero senza effetto perché in contrasto con quanto sopra ricordato. Il tutto anche per gli impegni “in termini di apertura al mercato assunti dall’Italia nel quadro del Piano nazionale di ripresa a resilienza”.
Mattarella, quindi, è dovuto intervenire per “garantire la certezza del diritto e l’uniforme applicazione della legge”. La lezione è semplice: dall’Ue, come da ogni altro organismo di condivisione, non si può prendere solo ciò che piace e fa comodo, si devono anche cogliere gli stimoli a progredire nel senso della giustizia.
Antonio Ricci