Benedetto colui che viene

Domenica 2 aprile – Domenica delle Palme
(Mt 21,1-11)

L’ingresso di Gesù in Gerusalemme celebrato nella liturgia odierna si trasforma nella manifestazione della sua regalità, una regalità molto particolare poco compresa dai contemporanei.
1. Il Signore ne ha bisogno. Gesù chiede in prestito un’asina, e sedendo su di essa si presenta come il re pacifico e messianico predetto dal profeta Zaccaria: “Viene il tuo re, mite, seduto su un’asina”. A differenza del cavallo, simbolo di maestà e potenza, l’asino è simbolo di mitezza, di umiltà e di prudenza. Non cammina trionfante al centro della strada, ma ai bordi, sul ciglio, senza mai cadere e senza mai perdere la strada, anche quando avanza nella nebbia più fitta. Così il Regno di Dio si fa strada nelle anime, nel silenzio, non con manifestazioni trionfali.
2. Il tuo re mite. La mitezza rimanda a uno stile di vita familiare piuttosto che a rapporti di forza. Gesù è il Buon Pastore che rappresenta la misericordia del Padre, lento all’ira e grande nel perdono, in paziente attesa fino a quando anche il figlio scapestrato si ravvede e torna a casa. Gesù non ha in programma lo sterminio dei peccatori, ma è mosso dalla misericordia per l’uomo ferito da soccorrere, e durante il suo ministero sentì intensamente compassione per i vicini e per i lontani: “Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite”. Questo suo atteggiamento continua nella missione che ha affidato ai suoi: “Andate e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio”.
3. Osanna al figlio di Davide! La reazione della folla non è improntata alla mitezza dell’asina e di colui che la cavalca, ma si colloca piuttosto in un clima di messianismo guerriero. Il titolo rivolto a Gesù: “Figlio di Davide” è una acclamazione rivolta al re discendente e successore di Davide, e sottintende l’attesa di restaurazione davidica, di un re che sullo stile di Davide dia dignità e fierezza al popolo di Israele. Questa attesa è ben radicata anche nei discepoli, i quali perfino nel giorno dell’Ascensione chiedono: “Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?”. Sembra inutile che Gesù abbia ripetuto: “Il mio regno non è di questo mondo”. Il cristianesimo ha fondato la civiltà europea non con il favore delle leggi dello Stato, che erano piuttosto contrarie, ma con il comportamento dei cristiani. Così oggi, più che confidare in risorse materiali o in amici potenti, abbiamo bisogno di protagonisti che si confrontino con le norme etiche, promuovano la dignità della vita di tutti, uniscano l’appagamento dei bisogni materiali con la cura delle esigenze spirituali. Il piccolo numero di cristiani si compensa prima di tutto con la testimonianza della fede, poi con una cultura che renda ogni cristiano consapevole della propria missione per la costruzione o la ricostruzione religiosa, politica e sociale del suo paese.

† Alberto