Domenica 15 gennaio – II del Tempo Ordinario
(Is 49,3.5-6 – 1Cor 1,1-3 – Gv 1,29-34)
La prima domenica del Tempo Ordinario è l’anello di congiunzione tra la manifestazione di Gesù a Natale e l’inizio del suo ministero. Dopo aver mandato il Figlio. Prima di presentarci l’attività pubblica di Gesù, la liturgia insiste sulla vera natura della sua missione: Egli è venuto per manifestare la gloria di Dio e rivelare all’uomo il senso della sua vita, ma tutto questo comporta il perdono dei peccati: “Lo chiamerai Gesù: egli salverà il suo popolo dai suoi peccati”.
1. Ecco l’agnello di Dio. Quando Giovanni Battista vede arrivare Gesù, lo saluta con un nome diventato di uso comune: “Ecco l’Agnello di Dio”. Il riferimento è all’agnello pasquale, che veniva immolato alla vigilia di pasqua nella stessa ora in cui Gesù muore sulla croce. Questo nome rivolto a Gesù lo troviamo nell’inno Gloria a Dio, viene ripetuto durante la frazione del pane, e nel prefazio pasquale si dice: “È lui il vero agnello che ha tolto i peccati del mondo”. La stessa definizione di Gesù come “Agnello” la ritroviamo nella Prima Lettera di Pietro ed è abituale nel Libro dell’Apocalisse, con anche una annotazione particolare, un agnello immolato che sta in piedi da solo: “Vidi un Agnello, in piedi, come immolato”. Gesù non sembra rifiutare la definizione datagli da Giovanni Battista di essere “Agnello di Dio”, ma lui non si proclama “Agnello”, bensì pastore. Dice: “Io sono il Buon Pastore”, e paragona la sua attività a quella del pastore che va in cerca della pecora smarrita. La sintesi teologica più bella e più poetica tra agnello e pastore, l’abbiamo nella liturgia di Pasqua, dove si dice che l’Agnello è diventato pastore, il salvatore del gregge: “L’Agnello ha redento il suo gregge, l’Innocente ha riconciliato noi peccatori con il Padre”.
2. Colui che toglie il peccato del mondo. Il cristianesimo primitivo ha subito unito il sacrificio di Gesù con il perdono dei peccati, e ha associato la sua immagine al Servo sofferente descritto dal profeta Isaia: “Caricato delle nostre sofferenze, trafitto per le nostre colpe, era come agnello condotto al macello”. Nel linguaggio biblico il peccato è considerato come un peso che ci blocca, duro da sopportare, più che come un debito da pagare alla giustizia. Il peso dei nostri peccati è stato portato da un Altro, e noi ci sentiamo sollevati perché siamo resi giusti per la nostra fede. La salvezza, la liberazione viene dalla grazia, non dal nostro rimorso. Anche Giuda si pentì del suo gesto, ma non si aprì alla grazia, e il risultato è stato nefasto.
3. Ho visto e ho testimoniato. Giovanni, unico tra i profeti del Primo Testamento, ebbe la gioia di “indicare al mondo l’Agnello del nostro riscatto”. Gli ha preparato la strada e poi si è ritirato in punta di piedi. Così ogni epoca ha bisogno di uomini che rendano presente Dio con la propria fede illuminata e vissuta, come ha fatto Giovanni Battista. La nuova evangelizzazione riparte dalla credibilità del nostro vivere da credenti e dalla convinzione che solo l’azione della grazia trasforma i cuori.
† Alberto