
Rapporto Astalli. Nel 2021 sono stati 67.000 i migranti arrivati in Italia via mare, il doppio rispetto al 2020

Secondo i dati dell’Agenzia ONU per i Rifugiati (Unhcr), in poche settimane sono arrivati in Italia quasi 90mila profughi ucraini, molti di più dei 67mila migranti e richiedenti asilo sbarcati durante tutto il 2021. L’emergenza scatenata dalla guerra in Ucraina dimostra che questi arrivi non rappresentano “un’invasione, né una minaccia alla nostra sicurezza”. La denuncia è chiara: “Le migrazioni spariscono dai media ma non cessano gli abusi in Libia, le morti in mare e i respingimenti indiscriminati alle frontiere”.
I migranti arrivati in Italia via mare, infatti, nel 2021 sono stati quasi il doppio rispetto ai 34.154 dell’anno precedente e sono raddoppiati anche i minori stranieri non accompagnati: 9.478, a fronte dei 4.687 del 2020. Dal rapporto emerge che “gli effetti socio-economici della pandemia hanno acuito le vulnerabilità dei rifugiati e la marginalità sociale”. Durante il 2021 si sono rivolte al Centro Astalli 17mila persone, di cui 10mila a Roma; in tutto l’anno sono stati distribuiti 46mila pasti. Oltre alle attività di prima e seconda accoglienza vengono svolti progetti didattici sul diritto d’asilo e sul dialogo interreligioso nelle scuole per sensibilizzare al tema: lo scorso anno il Centro ha incontrato 20.330 studenti in 17 città italiane.

Tra gli ostacoli che i richiedenti asilo incontrano per ottenere la protezione internazionale il primo è l’iscrizione anagrafica, necessaria per accedere ai diritti sociali. “La digitalizzazione di molti uffici – si legge nel rapporto – ha rappresentato un aggravio nella vita dei migranti forzati”. Siamo di fronte a una vera e propria “burocrazia respingente”, resa ancor più complicata dalle misure per ill contenimento della pandemia, senza “tener conto delle difficoltà degli utenti più fragili”. Anche la campagna vaccinale ha avuto bisogno dell’intervento del privato sociale per arrivare alle fasce più vulnerabili.
A Palermo, la sede del Centro Astalli è divenuta un vero e proprio centro dove potersi vaccinare. Lo sportello sanitario di Catania è stato un riferimento per tutti coloro che, pur vaccinati, non riuscivano a ottenere il green pass perché non erano in possesso della tessera sanitaria. Il Centro Astalli esprime “preoccupazione quando ostacoli, burocratici o organizzativi, finiscono per allontanare coloro che avrebbero più urgenza di sentirsi inclusi e accolti”.
Ma il problema più scottante è dato dal fatto che non si riesca a superare la “logica dell’emergenza”. Ancora oggi circa due migranti su tre sono ospitati nei centri di accoglienza straordinaria (Cas), mentre il sistema di accoglienza e integrazione (Sai), con piccoli numeri e progetti più mirati ai rifugiati, accoglie solo circa 25.000 persone delle 76.000 presenti nelle strutture convenzionate. Nei Cas di Trento, Padova, Grumo Nevano e nei centri Sai di Roma, Bologna, Trento, Vicenza, Palermo gestiti dal Centro Astalli sono state accolte nel 2021 un totale di 1.175 persone, con un aumento dei minori stranieri non accompagnati. “Un’utenza particolarmente vulnerabile a cui spesso lo Stato non riesce a garantire una presa in carico specifica e protetta”, sottolinea il rapporto. L’auspicio è che la rete Sai, più orientata all’integrazione, “diventi al più presto l’unico sistema di accoglienza per richiedenti e titolari di protezione internazionale”.
Da tempo il Centro Astalli chiede che vanga definito un piano organico per l’integrazione, eppure, nonostante le tante sperimentazioni positive del privato sociale, “non si è ancora visto uno sforzo deciso da parte delle istituzioni per ripensare la questione nel suo complesso”. I tirocini formativi previsti dal sistema Sai o i contributi erogabili nell’ambito di progettualità specifiche possono fare la differenza, ma restano comunque “interventi episodici, che non riescono a incidere sullo scenario generale”. Drammatico il problema casa, specie per le famiglie numerose o per i nuclei monoparentali. Anche chi ha un lavoro deve ricorrere a soluzioni di fortuna: subaffitti, affitti in nero senza alcuna garanzia o occupazioni.
La permanenza all’interno dei centri resta lunga (almeno 12 mesi), ma anche dopo l’uscita le famiglie sono afflitte dalla precarietà. Le procedure per il ricongiungimento familiare sono lunghe e costose e i servizi sociali “non riescono a intervenire in modo efficace”. Per 213 donne sono state accertate torture, violenze di genere o abusi, nei Paesi di origine o durante i viaggi. Le vittime di tortura che si sono sottoposte ad una visita sono state 334; di queste il 32% erano donne: una percentuale in aumento e che riguarda donne provenienti soprattutto da Nigeria, Senegal ed Eritrea. Tutti coloro che hanno vissuto l’esperienza del carcere in Libia raccontano di abusi, violenze e persecuzioni. Anche i migranti che sono riusciti ad arrivare in Italia passando dai Balcani raccontano di percosse e violenze da parte di forze dell’ordine nel tentativo di respingerli.
P.C. – Agensir