Una riforma non più rinviabile
(foto: www.csm.it)

Dopo il prefinanziamento da 25 miliardi, la Ue ha autorizzato il versamento all’Italia della prima tranche del piano straordinario europeo. Altri 21 miliardi sono stati sbloccati dopo la verifica del raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2021. I soldi del Pnrr, dunque, stanno arrivando ma per il 2022 il percorso si sta complicando a causa del ristagno delle riforme che ci siamo impegnati a realizzare: sono i primi sintomi, ampiamente previsti, della febbre elettorale che ha investito i partiti, giunti all’ultimo anno della legislatura. Riforme necessarie per ottenere i fondi europei, ma anche e soprattutto per il buon funzionamento del Paese e per l’immagine che esso è capace di dare all’esterno.
Al centro del dibattito politico oggi c’è la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura. Assicurare processi più veloci e smaltire l’arretrato è ormai un’esigenza ineludibile. Altrettanto urgente è riportare chiarezza ed equilibrio nei rapporti tra giustizia e politica, in particolare sulla possibilità per i magistrati di tornare a svolgere il loro lavoro al termine di un mandato elettorale. Per non parlare della necessità di introdurre meccanismi che evitino per il futuro certe degenerazioni correntizie che hanno messo in discussione, nella pubblica opinione, l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, tra i pilastri essenziali della democrazia. Una materia delicatissima, che avrebbe meritato una moratoria degli scontri tra i partiti che, invece, ne hanno fatto motivo di forti contrasti, con accordi tessuti e disfatti in occasione dei passaggi nelle commissioni parlamentari.
Anche se un’intesa è stata raggiunta a livello di governo, nessuno si illude che in Parlamento la riforma possa avere vita facile, soprattutto al Senato, dove i numeri della maggioranza sono più risicati. Anche i tempi sono ristretti perché una approvazione della riforma entro il mese di maggio la renderebbe applicabile all’incombente rinnovo del Consiglio superiore della magistratura per la parte riguardante l’elezione dei consiglieri “togati”. Inoltre, l’entrata in vigore di una nuova legge in materia di giustizia potrebbe portare al superamento di alcuni dei referendum proposti da Lega e Radicali in calendario per il prossimo 12 giugno: uno stimolo in più per concludere questa annosa vicenda.
Occorre, però, essere consapevoli che la soluzione dei problemi legati al sistema giustizia non può dipendere soltanto da nuove norme. Come ha ricordato Papa Francesco nella recente udienza ai membri del Csm, chi amministra la giustizia deve chiedersi “davanti alla propria coscienza ‘per chi’, ‘come’ e ‘perché’ fare giustizia. Così insegnava Santa Caterina da Siena, quando sosteneva che per riformare occorre prima riformare sé stessi”.

Antonio Ricci