L’ Ave Maria, l’Angelus Domini e il Mistero dell’Incarnazione
Avvento
Ambrogio Lorenzetti. Annunciazione

L’ Ave Maria è una preghiera molto breve e spesso la si ripete in modo meccanico, senza attenzione. Per aiutare la riflessione, si pensò di inserirla in un contesto di pensiero che favorisse la meditazione. Le immagini bibliche di Maria a Nazaret e ad Ain Karim furono integrate così con altre situazioni o tappe della sua vita in terra o in cielo, dove è regina. Sembra che l’usanza di ripetere la formula sia nata nei monasteri, dove la preghiera doveva essere prolungata. I sacerdoti e i coristi avevano un certo numero di salmi da recitare o da cantare; per i religiosi illetterati si pensò di far ripetere varie volte una formula. Particolarmente indicato era il Padre nostro (anche nella Regola di San Francesco, chi non era sacerdote e non sapeva leggere, sostituiva l’Ufficio Divino con un numero stabilito di Pater noster) ma con il diffondersi della devozione mariana l’Ave Maria ne prese il posto o si aggiunse ad esso.

Giovanni da Fiesole “Beato Angelico”, Annunciazione, (sec. XV). Madrid, Museo del Prado

Così le “Ave” si moltiplicarono di numero, da tre, a cinque, a sette, a dieci, a dodici, fino a centocinquanta, come i salmi dell’Ufficio divino.
Restava però la monotonia, che facilitava la distrazione, per cui si pensò a delle “composizioni”, in particolare l’Angelus Domini e il rosario, che la Chiesa andò arricchendo di indulgenze e che tuttora non si stanca di raccomandare (Paolo VI, Marialis Cultus, n. 49). L’Angelus Domini fa riferimento all’Angelo del Signore che saluta Maria, l’evento da cui la preghiera alla Madonna trae origine. Il mistero dell’incarnazione, nel suo momento primo dell’annuncio, ha sempre incantato Padri e Dottori della Chiesa, santi e artisti, ai quali sembrò bello e gioioso poter ascoltare e ripetere le parole di Gabriele a Maria, riascoltare la risposta, salutare con Maria il Verbo fatto carne, venuto ad abitare tra noi. Così, delle tre Ave Maria, la prima ricorda il saluto dell’Angelo, la seconda la risposta della Vergine, la terza il Mistero dell’Incarnazione.
L’Angelus Domini iniziò a diffondersi nelle comunità religiose, poi passò alle comunità cristiane e alle famiglie. Poteva essere recitato con facilità in ogni momento, ma alcune ore sembravano più indicate: la sera, al ritorno dal lavoro, prima o dopo la mensa la famiglia riunita dice le tre Ave.
La campana del coprifuoco venne intesa come un richiamo e la preghiera dell’Angelus diede il nome a quel suono. Tempo di preghiera è anche l’inizio del giorno, quando si affida al Signore chi parte e chi resta; in quel caso, l’Angelus veniva ripetuto al mattino.
Più tardi è stato introdotto anche l’Angelus di mezzogiorno, spesso suggerito da particolari circostanze sociali o religiose: il bisogno di pace, di salute, d’acqua, di sole e di tante altre cose. Per invitare i cristiani a pregare insieme dovunque fossero, venne introdotta l’usanza del suono della campana. Lentamente la formula venne ampliata, arricchita di parole che richiamano il mistero; vi si aggiunse un Oremus, poi un Gloria, poi un ricordo per i morti.
La formula definitiva è del 1724. L’origine si fa risalire al XII secolo, ma nella Chiesa Orientale vi sono tracce di questo triplice saluto a Maria fin dal VI secolo. Con Papa Giovanni XXIII, poi con Paolo VI e con Giovanni Paolo II, l’Angelus divenne il motivo caratterizzante l’incontro del popolo di Dio con il pontefice sotto lo sguardo di Madre Chiesa.

don Francesco Sordi