
Nella chiesa di S. Geminiano il nuovo incontro dei “Percorsi dello Spirito”

Il ciclo di conferenze riunito sotto il titolo: “Percorsi dello Spirito”, sabato scorso ha fatto tappa nella chiesa di S. Geminiano per una riflessione sui i riti della Settimana Santa. Nel suo intervento, il prof. Paolo Lapi ha tracciato un quadro delle usanze in atto nei secoli scorsi a Pontremoli. Nella Settimana Santa, si svolgevano le più antiche processioni, con il trasporto di statue, dell’alta Val di Magra.
A metà del ‘600 in Nostra Donna, sede dell’omonima Confraternita, venne eretto un altare “della Pietà”, dedicato alla Madonna con Gesù morto tra le braccia. La statua veniva portata in processione la sera del Giovedì Santo al termine dell’ufficio vespertino, durante la visita “ai sepolcri”. Pochi anni dopo, la Confraternita della Madonna dei sette dolori, nella chiesa di S. Nicolò, acquistò un’immagine della Beata Vergine Addolorata “per portarla in processione in Pontremoli ogni anno il Venerdì di Passione”.
Nello stesso periodo, la Confraternita della SS. Trinità, con sede in S. Geminiano, commissionò la statua di Gesù al Calvario, da utilizzare nella “visita ai sepolcri” del Giovedì Santo. A partire dal 1760, le processioni delle due confraternite si unirono così da proporre il tradizionale incontro di Maria con Gesù sulla via del Gòlgota. La cosa andò avanti fino alla disputa sorta tra i due parroci verso la fine del XIX secolo, portata al giudizio della Congregazione romana del Concilio. Una processione, poi unita a quella della confraternita di Nostra Donna e spostata al venerdì, era effettuata il Giovedì Santo anche dalla confraternita della Misericordia, che aveva sede nell’oratorio di S. Lorenzo vicino a S. Cristina.

Nel 1834, la Congregazione del Cristo al Monte Calvario, costituita in S. Geminiano, decise di riproporre, con cadenza quinquennale, l’antica processione notturna del Cristo al Calvario con il concorso di tutte le confraternite della città, clero, seminaristi, cappuccini, Capitolo della cattedrale e con l’accompagnamento della banda musicale.
Don Pietro Pratolongo ha “allargato” lo sguardo alle celebrazioni liturgiche legate ai Luoghi Santi. Solo dopo Costantino si poterono iniziare le ricerche delle testimonianze della Passione di Cristo, di cui era rimasta solo la tradizione orale. Fu la madre dell’imperatore, Elena, a ritrovare, là dove era stato costruito un tempio romano, resti di tombe e di croci di legno che poi furono inviate in diversi luoghi come reliquie. I cristiani di Terra Santa iniziarono a celebrare funzioni liturgiche – dalla Processione delle Palme al triduo del Giovedì, Venerdì e Sabato Santo, fino alla domenica di Pasqua – che, pian piano, si estesero a tutta la cristianità.
All’inizio è solo il vescovo a celebrare “in coena domini” del Giovedì Santo, che si conclude con la reposizione delle ostie per la comunione dei fedeli del giorno dopo. Il Venerdì Santo, a Gerusalemme, si faceva baciare lo scrigno contenente la reliquia della Croce; poi si iniziò a “scoprire il crocifisso” a simboleggiare che solo la Chiesa può “svelare” il significato della Croce.
La Veglia del Sabato Santo era l’attesa della risurrezione di Gesù, la Stella del mattino “che non conosce tramonto”, redentore di tutta l’umanità. Nel corso della Veglia era ripercorsa la storia della salvezza. Essendo queste celebrazioni divenute quasi un’esclusiva clericale, la tradizione popolare si sviluppò attorno ad esse con la celebrazione della Via Crucis, i “sepolcri” e le processioni, fino a “battere Pilato” come richiamo alle funzioni nelle ore in cui le campane erano “legate”. (a.r.)