
Domenica 30 gennaio
(Ger 1,4-5.17-19 – 1Cor 12,31-13,13 – Lc 4,21-30)
Medico. E quando Gesù dice di essere medico tutto diventa chiaro. La verità è una malattia, aggressiva. Limitarsi a parlarne, chiuderla in libri di teologia, addomesticala in filosofiche teorie è come innamorarsi di manuali medici: affascinanti, meravigliosi, innocui. Quando la malattia aggredisce, quando si aggrappa alle carni, quando esplode dentro come un tumore, quando di metastasi semina la carne allora di quelle pagine ti vergogni, diventano mute, è terrore quello che ti chiude lo stomaco, è disperazione quella che ti spinge contro il muro. La Verità espone alla morte. E in fumo tutte le parole che non si lasciano provare dalla sofferenza.
Non è costui il figlio di Giuseppe? La Scrittura si compie, la Parola si incarna, la diagnosi mostra i sintomi. In Sinagoga, da quel giorno, non si può più fingere, la Verità parla attraverso le piaghe della carne. Nessuno potrà più descriverne il fascino se non prendendo parola da un corpo provato. Verità come ferita, piaga, dolore. In quella Sinagoga tutti comprendono, non è questione di capire, Gesù si mostra. seducente lebbroso, Gesù è infetto di Verità. Sale la paura.
Passando in mezzo a loro. In sinagoga vogliono sbarazzarsi di lui ma lui passa in mezzo a loro. Cammina e passa in mezzo. Come un virus resistente e scomodo. Non te ne liberi facilmente, non te ne liberi proprio. Puoi illuderti di essere guarito, puoi negare, puoi ribellarti, puoi fingere ma da quel giorno tutto è inutile. Ammalati di verità, per sempre. E che liberazione sarà quel giorno in cui ci guarderemo con tenerezza e non negheremo le nostre fragilità, chinandoci piano accarezzeremo ogni parte di noi e ci mostreremo finalmente nudi e vulnerabili. Immersi nella compassione.
don Alessandro Deho’