
La Commissione europea, la settimana scorsa, ha chiesto ai governi di garantire più sicurezza ai giornalisti. “Chiediamo agli Stati membri di intraprendere azioni decisive per rendere l’Ue un luogo più sicuro per i giornalisti” ha dichiarato Vera Jourova, vicepresidente della Commissione Ue. Nell’Unione Europea, nel 2020, almeno 908 giornalisti e lavoratori dei media hanno subito attacchi in 23 Stati; il 73% delle giornaliste è vittima di minacce online, 175 lavoratori dei media sono stati vittime di violenze o hanno subito incidenti durante manifestazioni nei Paesi Ue.
Dal 1992 ad oggi, nell’Unione Europea sono stati assassinati 23 giornalisti, con una crescita negli ultimi anni, come dimostrano i casi della maltese Daphne Caruana Galizia, uccisa nel 2017 dopo le sue inchieste sulla corruzione della politica maltese e dello slovacco Ján Kuciak, assassinato nel 2018 dopo avere investigato i rapporti di affari tra il Primo ministro Robert Fico e uomini d’affari della ‘Ndrangheta. Il tema non è solo quello, importantissimo, della protezione dei giornalisti che, come conseguenza dei tagli alle strutture editoriali e del dilagare del freelancing, svolgono il proprio lavoro con meno sicurezze, anche dal punto di vista dell’incolumità. In ballo c’è l’importanza di un’informazione approfondita, libera e pluralista, senza la quale la democrazia è compromessa.
Non è un caso che, con l’avvento del web, si moltiplicano gli episodi in cui chi ha interesse a influenzare equilibri politici di un paese opera diffondendo fake news costruite in modo da manipolare i sentimenti dell’opinione pubblica. In Italia la lista di giornalisti uccisi dal terrorismo politico, dalla criminalità organizzata e che hanno perso la vita in missioni all’estero è ferma da molti anni.
Ma nel periodo pandemico le minacce ai giornalisti sono aumentate del 54%. Il web è il principale teatro di intimidazioni, in maggioranza rivolte a giornaliste. A ciò si aggiungono le minacce che arrivano dalla criminalità organizzata, nazionale e internazionale, come dimostra il caso di uno dei 27 giornalisti italiani oggi sotto scorta, Nello Scavo di Avvenire, minacciato dopo delle sue inchieste sulle collusioni tra la Guardia Costiera libica e gli scafisti.
È una situazione che preoccupa, in un paese che non brilla nelle classifiche internazionali sulla libertà di stampa e in cui, due anni fa, il Ministro dell’Interno, con un atto giudicato intimidatorio dal Consiglio d’Europa, ventilava il possibile ritiro della protezione a Roberto Saviano, da 15 anni nel mirino della Camorra, a causa delle sue critiche alla condotta del Ministro.
Oggi la UE chiede di “creare servizi di supporto nazionali indipendenti, linee di assistenza, consulenza legale, e protezione per i giornalisti che subiscono minacce” ma in Italia nulla sembra muoversi.
Davide Tondani