Diventare Vuoto, calmare il vento

Domenica 9 agosto – XIX del tempo ordinario
(1Re 19,9.11-13; Rm 9,1-5; Mt 14,22-33)

32vangeloGesù si allontana dalla folla, nel Vangelo di oggi, e si allontana anche dai suoi discepoli. Intanto i discepoli sono su una barca, braca da Esodo, simbolo di una vita mentre il vento fa il suo giro, non trova resistenza, e si scaglia sulla barca. è vento contrario. Non una danza nel vuoto ma un vento che si aggrappa a tutto ciò che oppone resistenza, è una forza che abbraccia tutto ciò che è contrario alla costruzione dell’uomo, tutto ciò che è contrario all’umanità evangelica.
Un vento che spinge lontano l’approdo, un vento che si inchioda nel cervello e dice che non sei capace, che non arriverai mai, che è una follia essere partiti, che Dio si è preso gioco di te… ma è solo vento, vento contrario, e allora remi e speri e spingi fino a quando la paura esplode dove non te l’aspettavi. A farti paura non è il vento, quello passa, a terrorizzarti è Gesù, che cammina nel cuore della tempesta.
Calmo e in silenzio mentre intorno il mondo sembra arrivato al collasso, ma non è disinteresse, lui è nel cuore del ciclone solo ci sta con la calma e la tranquillità di chi ha il mare calmo nel cuore. Paura, paura vera per i discepoli è che comprendono che in quell’uomo che gli cammina incontro non c’è un fantasma ma il profilo di ciò che sono chiamati a diventare, così intimi a Dio da trovare un sentiero anche tra le bufere della storia. Quello che vedono è il sussurro di una brezza leggera che cammina nel cuore di tenebra della nostra storia.
Senza urlare, senza maledire, senza forza contraria: la brezza della debolezza, della vulnerabilità, dell’intimità fragile con se stessi e con gli altri…in cammino, nel cuore di un mondo che non cambia e non cambierà, nel cuore di un mondo che urla e uccide e che spesso tenterà di farlo in nome di Dio.
Dio è un cammino leggero sulla morte, a dire che il mondo non cambierà ma che ognuno di noi è chiamato a creare delle caverne di silenzio, degli spazi disarmati, per tracciare traiettorie possibili dove sguardi superficiali vedono solo paura. Cammina Gesù, e non si fa travolgere da quel mondo violento.
Ecco a cosa siamo chiamati, a un cammino sulle acque. Pietro lo intuisce. Il suo cuore sente distintamente che quello è Segno da imparare, Gesù lo invita, cammina, solo che a un certo punto vede la forza del vento, forse uno schiaffo dato troppo forte, forse un ricordo, forse il dubbio di non meritare l’amore… e affonda.
La calma della caverna interiore si è rotta, Pietro ha pensato per un attimo che un approccio muscolare alla vita fosse più logico, si adegua al peso della storia, e soccombe. Ma anche questo serve, Pietro si svuota, impara a pregare: “Signore, salvami”, che significa: “entra dentro la mia storia, abita la mia Carne con il tuo stile, aiutami a credere nell’uomo, aiutami a non usare violenza, a non essere vento impetuoso, terremoto o fuoco, aiutami a essere Silenzio e Accoglienza. Come sarai Tu, Signore, sulla croce”.

don Alessandro Deho’