
Va bene la tecnologia, vanno bene i social, usati con intelligenza e al momento opportuno, ma che le famose “faccine”, che utilizziamo sullo smartphone per esprimere sentimenti ed emozioni, siano utilizzate al posto dei voti scolastici, pare davvero troppo.
È successo in una Scuola Primaria di Modena, in due classi prime. Una scuola che porta un nome famoso: quello di Gianni Rodari, giornalista, scrittore, pedagogista di alto spessore. Un esperimento limitato al primo quadrimestre, appena terminato, rispondente, secondo il parere del dirigente scolastico, Daniele Barca, “ad una visione multidisciplinare”.
Per cui niente voti, ma un’autovalutazione dell’alunno stesso, confrontato con il giudizio dei docenti. Il progetto denominato “Oltre la disciplina” avrebbe (il condizionale è d’obbligo) l’obiettivo pedagogico di andare oltre la materia stessa coinvolgendo i bimbi in un confronto educativo più chiaro. La scuola, lo sappiamo, lascia forti tracce nella personalità in quanto l’esperienza relazionale quotidiana con docenti, compagni, genitori arricchisce quella “galleria di volti” a cui, a distanza di tempo, facciamo riferimento nei momenti di riflessione intorno alla costruzione della nostra memoria personale.
La comunità della scuola è il primo significato che recuperiamo all’interno delle relazioni interpersonali di carattere intergenerazionale di interuolo: bambini che incontrano adulti e adulti che dovrebbero divenire compagni di viaggio, senza perdere il loro ruolo, per elaborare progetti educativi condivisi. Nella suddetta Scuola, gli “addetti ai lavori” hanno voluto, sicuramente, essere più vicini agli alunni usando immagini a loro familiari, quali “le faccine”.
Così le “emoticon” sono lì ad indicare le più importanti reazioni relative alle capacità dei discenti, in ambiti quali: saper scrivere le lettere, leggere le parole, conoscere le parti del corpo, scrivere frasi minime. Sotto ogni voce “la faccina” può esprimere stupore negativo, indifferenza oppure un soddisfacente sorriso. Stessa scheda redatta dai docenti in modo che, nel confronto, ci sia l’opportunità di rendersi conto delle capacità acquisite dagli studenti oppure delle loro difficoltà. Una scuola che ha preferito, ai numeri matematici, l’autovalutazione. Alla fine dell’anno si tornerà ai voti normali.
Che dire? Insegnanti moderni e “informatizzati” per apparire più al passo con i tempi? Oppure per aiutare i bambini a crescere con criteri di sincera valutazione? In questo quadro, veramente innovativo, lasciateci però quel pizzico di nostalgia quando, scolaretti, aspettavamo di portare ai genitori la nostra pagella, verde o azzurrina, con i chiari voti che andavano dal dieci in giù. Voti che ci facevano battere il cuore, che resteranno impressi nella mente come il volto dei nostri maestri.
(Ivana Fornesi)