Accordo storico, ma la pace in Afghanistan è lontana

Firmato il documento che offre agli Usa la possibilità di ritiro delle truppe

10afganistanRiduzione della presenza militare americana (iniziata nel 2001) a 8.600 uomini entro 135 giorni e ritiro completo entro 14 mesi; impegno dei Talebani a non ‘ospitare’ in Afghanistan organizzazioni terroristiche intente a pianificare attentati all’estero. Sono questi i punti base intorno ai quali ruota lo “storico” accordo di pace, firmato dai capi delegazione della Casa Bianca, Zalmay Khalilzad, e dal mullah Abdul Ghani Baradar, il 29 febbraio a Doha (Qatar), in rappresentanza degli Stati Uniti e dei Talebani.
Il 10 marzo, ad Oslo, prenderanno il via i negoziati tra il Governo di Kabul e i fondamentalisti. Questi ultimi controllano poco meno del 70% del Paese, il resto è nelle mani del Governo centrale guidato da Ashraf Ghani, riconfermato presidente dell’Afghanistan dopo il voto, contestato, del settembre 2019. In Afghanistan oggi ci sono oltre 16mila soldati di 29 paesi sotto egida Nato. L’Italia è presente con 800 militari, 145 mezzi terrestri e 8 mezzi aerei. Il numero dei combattenti talebani nel Paese si aggira intorno alle 77 mila unità, oltre 10mila sarebbero invece i miliziani dello Stato islamico.
Dal 2001 ad oggi in Afghanistan hanno perso la vita 3.302 soldati alleati. 100mila i morti e feriti civili. Secondo quanto Claudio Bertolotti, direttore di Start InSight, ha dichiarato al Sir, si può parlare di accordo storico perché i Talebani si vedono riconosciuto un ruolo formale di interlocutori ma il tavolo attorno al quale le parti si siederanno non è di pace, bensì negoziale. L’obiettivo reale dell’intesa resta infatti il disimpegno americano da una guerra che non può essere vinta, rimandando a trattative bilaterali fra Talebani e Governo afgano il raggiungimento di un accordo di pacificazione che non si può prevedere possa giungere nel breve-medio periodo.
Nell’accordo manca ogni riferimento ai diritti civili, in particolare quelli delle donne, nella prospettiva, tutta talebana, di imporre nel paese un Emirato islamico. È scontato, infatti, che nei tre quarti del Paese, dove il Governo non ha nessun tipo di controllo, i principi seguiti dai Talebani verranno applicati anche se forse in maniera addolcita rispetto al tempo del loro regime (1996-2001). Lo hanno capito sia gli Usa che il Governo afgano. Si tratta di un’altra sconfitta nella guerra persa in Afghanistan.
Padre Giovanni Scalese, religioso barnabita che guida la Missione sui iuris in Afghanistan, commenta così: “Il sentimento che ci anima in questo momento, dunque, è quello di una grande speranza, consapevole però delle difficoltà che si frappongono fra una dichiarazione di intenti e i risultati effettivi… il timore principale è che, una volta partite le truppe americane e Nato, la situazione possa precipitare e l’Afghanistan sia costretto a rivivere la tragica esperienza della guerra civile”.