
Pontremoli: il racconto di Giovanni Bellotti ha avuto una edizione stampata
Dal Settecento, quando si diffuse l’aromatica bevanda a cui venivano attribuite grandi virtù salutari, “la bottega del caffè”, come titola la commedia di Goldoni, diventa un microcosmo in cui si parla, si gode il piacere dell’amicizia, si litiga giocando a carte, si fa politica, si diffondono istanze sociali e culturali, si accendono amori. Proprio col titolo “Il Caffé” Pietro e Alessandro Verri col contributo di Cesare Beccaria fondano a Milano nel 1764 un giornale che diventa il principale organo di diffusione delle nuove idee dell’Illuminismo italiano a cominciare dalla richiesta di abolire tortura e pena di morte.
Anche Pontremoli aveva bisogno di questa nuova forma di socialità: viene aperta la pasticceria degli Svizzeri, il Caffé Ceppellini e nel 1883 Antonio Bellotti con la moglie Angiola Maria Angella apre la caffetteria (è scadimento semantico dirla “bar”!) in piazza di Sotto, tenuta sempre attiva da membri della famiglia e ora data in gestione con la stessa titolarità. Giovanni, uno dei sette figli del fondatore, nel bellissimo racconto “Il caffé di mio padre” fa rivivere questo luogo di ritrovo.
Diffuso fra amici, il racconto fu pubblicato nei numeri 26 e 27 1988 del Corriere Apuano e poi stampato a cura del figlio Antonio, che lo commenta e unisce gli interventi fatti al “Convegno sulla figura e l’opera di Giovanni Bellotti” tenuto il 19 marzo 1995 per iniziativa del Consiglio Comunale che gli intitolò una via a Casa Corvi. La figura di Giovanni Bellotti (1889-1968) fu resa viva in vari interventi, molto caloroso quello di Boera Pinotti che prese in cura il Consolato da lui creato nel 1954 a Parma, dove viveva per lavoro. Testimone coerente di fede cristiana e democratica, ha avuto anche il dono della scrittura, in lingua e soprattutto in poesia dialettale, quel giorno analizzata con sapienza letteraria da Italo Podestà.
Il racconto richiama figure ed episodi di vita pontremolese con punto di osservazione i tavolini del locale addossato all’antica “cortina di Cacciaguerra” dove sorbivano caffé, liquori, ottimi gelati e vini da bigoncio clienti di ogni estrazione sociale, per primi gli operai dei cantieri di costruzione della ferrovia Parma-La Spezia.
“Discorsi ponderati e chiacchiere di passatempo, scherzi e lepidezze, interminabili partite” a carte; affezionati giocatori furono Giovanni Montani detto “Girumella”, Quinto Baracchini amante del briscolone, vendeva in inverno ceci fumiganti in bacinella e i ceri da tenere accesi nei funerali, Giovanni Risoli per oltre 50 anni capo dell’ufficio di stato civile che di Pontremoli conosceva tutto e tutti, Carlo Alberto Dosi Delfini appassionato giocatore con Carlo Cheli nel tempo libero dai gloriosi impegni nella “Misericordia”; tanti sono ancora i nomi delle brigate che si confrontavano a carte in scontri anche aspri che però mai turbavano i rapporti umani o incrinavano l’amicizia. Su altri tavolini leggevano o conversavano i notabili (“i siuri”) passando in rassegna fatti e misfatti della città e del contado e del mondo, politici, letterari, teatrali: erano tanti, assidui ogni pomeriggio a prendere il caffé dopo aver svolto i loro impegni professionali .
Un circoletto veniva detto “l’Areopago”, come l’assemblea degli anziani in Atene antica, facevano perno intorno al senatore Cimati. “Era bello quel consesso di savi abbandonati sul canapé giudicando il mondo con appassionato interesse e longanime criterio”.
Negli anni della guerra i tre fratelli Guido, Aldo e Giovanni furono al fronte e con grande trepidazione la mamma Marietta, vedova dal 1906, tirò avanti l’azienda. Nel dopoguerra il Caffé vede l’invasione dei giovani con le loro passioni sportive: risuonavano le imprese di Binda, Guerra, Bartali, Giro e Tour, il calcio. Si ristoravano anche politici durante i comizi elettorali, tra questi Giovanni Gronchi; tutta “la politica” si è fatta più nei caffé e nelle cantine che in sala consiliare.
Nel secondo dopoguerra nuovi clienti sono librai, scrittori ed editori, giornalisti Rai quando il Bancarella conobbe i suoi migliori anni. Giovanni Bellotti nel suo libro, come in un film, fa sfilare figure e volti, noti o anonimi, voci e gesti che contribuiscono a dare identità al “piccolo mondo pontremolese”, è questo il titolo di un opuscolo del torinese Ermanno Traversa che colse alcune atmosfere “crepuscolari” della cittadina dove fu titolare di cattedra al Malaspina. (m.l.s.)