Prometeo dona all’uomo il fuoco: è un dire per favola un percorso di civiltà

Pontremoli. La conferenza di Giovanni Sciamarelli organizzata dall’Auser Argento Vivo

21prometeoLa conferenza organizzata il 19 maggio da Auser Argento vivo di Pontremoli aveva un titolo imponente: Fondazione, statuto e destino della specie umana nel mito greco di Prometeo. Il relatore Giovanni Sciamarelli, già insegnante di greco al Liceo Lorenzo Costa della Spezia, grecista traduttore di molte opere degli antichi, ha dato sue interpretazioni e alcune note storiche e critiche sulla cultura greca antica, base e sostanza della civiltà dell’Occidente.
I Greci ebbero intuizioni, sapienza, creatività artistica e tecniche di immensa grandiosità, spiegarono con il logos filosofico e la razionalità della scienza matematica, astronomica e medica lo”statuto” della specie umana, che espressero anche con immagini poetiche e con innumerevoli favole o miti. Venerarono molte divinità attribuendo loro le doti che l’uomo non ha, li ritenevano felici, nutriti di nettare e misteriosa ambrosia, non conoscevano vecchiaia e morte.
Prometeo, il cui nome significa ”colui che sa prima”, vuol favorire gli uomini, farli mangiatori di carne e aiutarli ad affrontare la loro “irrimediabile” pessimistica visione del mondo. Il mito che lo riguarda narra che durante un solenne banchetto con Zeus spartì un bue vittima sacrificale e mise da una parte nascosta sotto la pelle dell’animale la carne e dall’altra le ossa spolpate ricoperte di grasso, questa fu scelta da Zeus che, scoperto l’inganno, si adirò contro Prometeo e contro tutti gli uomini togliendo loro il fuoco.
Fu allora che Prometeo si fece benefattore, sottrasse semi di fuoco dal carro del Sole o dalla fucina di Efesto e ridiede il fuoco simbolo di intelligenza sovrana. Nuova punizione di Zeus fu creare la donna Pandora, simile ad una dea che ebbe in dono un vaso chiuso con divieto di aprirlo, invece curiosa lo aprì, conteneva tutti i mali del mondo compresa la morte che si sparsero sulla terra, rimase sul fondo solo la speranza.
La punizione “ubris” di Zeus su Prometeo fu incatenarlo su una roccia del Caucaso: un’aquila gli divorava il fegato che sempre ricresceva per poter continuare il supplizio. Il mito con fantasia affronta riflessioni sul destino di bene e di male della storia degli uomini che conquistano conoscenza sfidando gli dei e le loro vendette. La figura del titano ladro del fuoco fu fonte di ispirazione di un contemporaneo di Omero, il poeta Esiodo vissuto tra VIII e VII sec. a.C. in una parte di ”Le opere e i giorni” e due secoli dopo per Eschilo nella tragedia “Prometeo incatenato”.
Il titano Prometeo in età romantica divenne simbolo della lotta dei ribelli contro ogni tipo di oppressione, sconfitti ma eroi. Leopardi si interroga in “La scommessa di Prometeo”, una delle Operette morali, se l’imperfezione umana sia causata dalla Natura o dall’incivilimento e Nietzche in “La nascita della tragedia” vede tramontare lo spirito “dionisiaco” di gioia e piacere della classicità e l’insorgere con Socrate dello spirito “apollineo”ispirato dalla ragione e dalla riflessione, dal controllo dei sensi e degli istinti. Dopo un richiamo ai quattro cardini del pensiero del filosofo antico Epicuro, che liberò l’uomo dalla paura di dei che non esistono, della morte, consolò il dolore, fece godere il piacere, Sciamarelli ha letto alcuni passi della tragedia di Eschilo.

Maria Luisa Simoncelli