Quel dialogo tra Sismondo e Lett che salvò Pontremoli dalle bombe

Nel 74° della Liberazione il ricordo dell’amicizia tra il Vescovo e il maggiore inglese e l’incontro a Rossano

Pontremoli, 1 marzo 1947. Il magg. Gordon Lett (primo a sinistra) con la moglie Sheila, il ten. col. inglese de Burgh, il vescovo Giovanni Sismondo e il sindaco di Pontremoli, Laba. La foto è tratta dal libro “Gordon Lett. Amico dell’Italia”
Pontremoli, 1 marzo 1947. Il magg. Gordon Lett (primo a sinistra) con la moglie Sheila, il ten. col. inglese de Burgh, il vescovo Giovanni Sismondo e il sindaco di Pontremoli, Laba. La foto è tratta dal libro “Gordon Lett. Amico dell’Italia”

Mentre si celebra il 74° anniversario della Liberazione di Pontremoli la memoria torna ai momenti che il vescovo Giovanni Sismondo e il magg. Gordon Lett condivisero tra l’autunno 1943 e la primavera 1945. Il recente libro “Gordon Lett, amico dell’Italia” (ISRA, 2018) ci mostra le immagini di quegli uomini che combatterono contro il nazifascismo, per la fine della guerra, per alleviare le sofferenze della popolazione locale; ma ci permette anche di rileggere quanto il maggiore aveva scritto negli anni successivi alla fine del conflitto e il suo rapporto con Sismondo e con alcuni sacerdoti.
Giunto nel nostro territorio, poco dopo essere fuggito dal campo di prigionia di Veano (PC) il 10 settembre 1943, con altri due militari; arrivati nello zerasco pensava di scendere a Pontremoli ma a Pradalinara, non lontano da Arzelato, incontrarono un prete.
“E fu allora che ci imbattemmo nel nostro primo sacerdote – scrive Gordon Lett nelle sue memorie – avevamo da poco riguadagnato la strada che lo vedemmo sbucare da un viottolo laterale […]. Quand’ebbi adempiuto alle solite formalità, spiegandogli chi eravamo, ci fissò intensamente tutti e tre. […] Ci guidò fuori strada, lungo un sentiero che s’inoltrava nei boschi. Camminammo fino a raggiungere la sommità della catena di colline. Soltanto allora parlò”. Il suggerimento fu di non scendere a Pontremoli, occupata da fascisti e tedeschi, bensì nella valle di Rossano “Sarete al sicuro. Sono brava gente, anche se hanno la vita dura e i beni scarsi” disse loro; il prete era don Angelo Quiligotti, che sarebbe stato ucciso dai tedeschi nella zona del monte Gottero durante il rastrellamento dei primi di agosto 1944.
Con Sismondo i rapporti furono stretti e duraturi e all’inizio del 1945 si fecero personali, frequenti e, per il vescovo, compromettenti. “Il 21 febbraio 1945 – scrive Gordon Lett – il vescovo di Pontremoli venne di nuovo a Rossano.
47copertina_GordonLettUn mattino mi trovavo nel piccolo cortile della casa di Amelia a Valle. Un gruppo di uomini di Buzzò, capeggiati dal giovane ‘Jock’ Sartori, stavano cercando di rimettere insieme una mitragliatrice che giaceva smontata su di una coperta distesa per terra.
– Maggiore, abbiamo visite.
Due sacerdoti stavano salendo la strada; il primo, una figura imponente, alta quasi due metri, portava sul tondo cappello sacerdotale un cordone verde che finiva in un fiocco; nell’altro riconobbi il parroco del villaggio.
– È Sua Eccellenza, il Vescovo di Pontremoli in persona!
Gli uomini interruppero il lavoro per guardare i due sacerdoti a bocca aperta. […]. Scattai sull’attenti e salutai. Il Prelato attraversò il cortile e venne a fermarsi davanti a me. […] Mi fissò per qualche istante con acuti occhi grigi e poi mi sorrise. […]
Alcuni dei miei ‘briganti’ si alzarono in piedi […] uno si fece avanti, mise un ginocchio a terra e baciò l’anello che il Vescovo portava alla mano destra.
– Dio ti benedica, figliolo.
Gli altri seguirono l’esempio e dopo avere baciato a loro volta l’anello si disposero timidamente a semicerchio attorno al Prelato. […] Pensai che forse avrei dovuto anch’io baciare l’anello, ma, come protestante, l’idea non mi andava. Cercai allora di nascondere il mio imbarazzo con la conversazione. […]
– Ebbene, Maggiore – mi disse quando ci fummo seduti – ho sentito parlare molto di lei. Mi è stato detto che ha visto don Grigoletti ad Adelano il giorno prima della sua morte, vero?
– È vero. Conoscevo anche don Quiligotti. Hanno aiutato me ed altri prigionieri evasi ed io mi sento in parte responsabile della loro fine. Il Vescovo rimase in silenzio.
– La responsabilità non è stata sua. È stato il volere di Dio. Erano bravi figli della Chiesa ed ora stanno godendo la giusta ricompensa. […] Quindi, la prego, scacci dalla sua mente ogni idea di responsabilità. Ho un’altra questione per la quale vorrei ottenere il suo aiuto.
– Dica pure, Eccellenza.
– Senza dubbio lei sa che gli Alleati hanno intensificato i bombardamenti in Val di Magra. Aulla e Villafranca sono state rase al suolo e, per ora, solo Pontremoli è rimasta relativamente indenne. Io la prego, Maggiore, di intercedere presso gli Alleati affinché non vogliano trattare Pontremoli come hanno trattato le altre città. So che le chiedo molto e vorrei che mi rispondesse con tutta franchezza.
Tirai fuori la pipa e presi a riempirla. Se una tale domanda mi fosse stata rivolta da qualsiasi altro, la mia risposta sarebbe stata brutalmente decisa. Ma il fatto che provenisse dal Vescovo, che conoscevo come persona di grande saggezza, ispirata da principi veramente cristiani, cambiava completamente le cose. […]
– Eccellenza – risposi – non posso impegnarmi a far modificare i piani dell’Alto Comando Alleato. Lei si rende conto che Pontremoli è stata per molti mesi una base importante per le forze nemiche. […] Gli Alleati hanno tutte le ragioni di ricorrere ad ogni azione possibile per indebolire la resistenza sulla linea Gotica e salvare cosi la vita ad un maggior numero dei loro soldati laggiù.
– Il suo argomento non si può confutare, Maggiore, ma lei parla come un soldato, ed io sono invece un uomo di pace. A Pontremoli ci sono altre cose che hanno per l’umanità maggior importanza di un pugno di soldati tedeschi. La chiesa dell’Annunziata è un monumento che data dal XV secolo e lei sa cosa è successo a Cassino. Inoltre c’è la cattedrale, un grosso convento di suore, un monastero francescano, l’ospedale meglio attrezzato di tutta la Val di Magra, un orfanotrofio e parecchie scuole. Devono andare distrutte tutte queste cose perché voi volete sterminare i vostri nemici? […]
– C’è forse un modo – dissi lentamente – per poterle venire in aiuto. […] Posso provare ad inviare un messaggio ai miei superiori a Firenze, ma non posso garantire né che arrivi in tempo e nemmeno che riesca ad impedire il bombardamento. Comunque, se devo mandare questo messaggio, ho bisogno di informazioni minuziose sui punti nei quali è dislocato il nemico. Come posso averle?
Il Vescovo mi guardò in silenzio.
– Quelle, Maggiore, sono informazioni che io non le posso dare. Come Ministro di Dio tradirei la mia fede se vi aiutassi ad uccidere degli uomini i quali, dopo tutto, sono anch’essi creature del Signore. Però capisco qual è la sua posizione e la sua risposta mi dice che, se lo potesse, lei farebbe del suo meglio per aiutarmi.
– Temo non sia una risposta molto soddisfacente, Eccellenza. Come vede, posso fare ben poco, per il momento.
– Dio troverà una soluzione – mi rispose – Stasera, nelle mie preghiere, Gli chiederò di illuminarmi. La ringrazio di essere stato così franco con me; non lo dimenticherò mai. […]
Ventiquattro ore dopo venne a cercarmi nella Vallata uno degli uomini di Franco, il quale, come molti altri, proveniva dall’Annunziata. Aperta la spessa busta che mi aveva consegnata, vi trovai un lungo rapporto scritto con cura minuziosa da qualcuno che non aveva molta dimestichezza con la penna in quanto era infiorato da molti errori d’ortografia. Il rapporto conteneva i particolari di tutti i luoghi, dentro e fuori della città nei quali era alloggiata la guarnigione nemica ed una descrizione della loro routine giornaliera.
– Dove l’hai preso? – chiesi al messaggero.
– L’ho trovato sotto un albero, Maggiore.
– Capisco – gli risposi – l’allusione. Ti ingrazio, mi sarà molto utile. Vuoi dire all’albero, non appena lo vedi, che stanotte manderò un messaggio al Comando Alleato?
A guerra finita Gordon Lett avrebbe scritto: “Il Vescovo è stato un prezioso quanto leale collaboratore, durante tutto il periodo e fece tutto quanto in suo potere per incoraggiare la popolazione, in particolare, il clero, affinché desse assistenza ai prigionieri di guerra. Egli aveva un notevole interesse per il loro benessere e fece diversi viaggi sulle montagne per far loro visita. Dopo il rastrellamento del 3 agosto 1944, quando la Valle di Rossano ebbe a soffrire pesantemente, egli pubblicò una critica coraggiosa sul Comando tedesco e fascista, che lo mise in un estremo pericolo per la sua persona. I fascisti cercarono più di una volta di arrestarlo, ma avevano così tanta paura della sua enorme influenza, che si limitarono a gettare una bomba attraverso la finestra della sua camera da letto, all’una di mattina. Essere scampato a questo attentato rafforzò ancora di più la sua influenza. Continuò ad essere di considerevole aiuto, in molti modi, sino alla liberazione”

(brani tratti dal libro di Brian Lett “Gordon Lett. Amico dell’Italia”. Pontremoli, ISRA, 2018)