Geernaert: scultore fiammingo tra Piacenza e Pontremoli

Un convegno nella città ducale dedicato all’artista arrivato da Bruges e ai ricchi rapporti tra la Pianura Padana e il nostro territorio nel XVIII secolo

Un’opera di Jan Geernaert a Piacenza nella basilica di Santa Maria di Campagna.
Un’opera di Jan Geernaert a Piacenza nella basilica di Santa Maria di Campagna.

Si chiamava Jan Geernaert, ed è stato un artista fiammingo nato a Bruges nel 1704 che ha svolto la maggior parte della sua attività in Italia, dove il suo nome era mutato in Giovanni Gherardi (o Gherardo). Viene citato così, ad esempio, in un documento dell’archivio di casa Dosi Delfini del 27 maggio 1751 nel quale gli viene commissionato “un ornato intorno alla Nicchia della B.V. del Popolo di Pontremoli: consistente in una Corona Imperiale con suo Padiglione sostenuto da due Angioli grandi e altri due Puttini” che dovrà essere consegnato entro un anno in cambio di cinquanta zecchini.
Ce lo ricorda don Annibale Corradini ne “La chiesa di Santa Maria del Popolo”: una notizia rilevante che accerta la presenza a Pontremoli di almeno un’opera dell’importante artista fiammingo, protagonista di quella stagione del Barocco che ha visto assurgere Pontremoli ad un ruolo di assoluto rilievo nazionale. Molte le sue opere conosciute, ma altre (anche a Pontremoli) potrebbero essergli attribuite con nuovi studi.

Decorazione della nicchia con la statua della Madonna del Popolo nel Duomo di Pontremoli
Decorazione della nicchia con la statua della Madonna del Popolo nel Duomo di Pontremoli

Di Jan Geernaert “uno scultore fiammingo tra Piacenza e Pontremoli” si è parlato venerdì scorso, 15 marzo, nella città ducale nel convegno organizzato dalla Diocesi di Piacenza-Bobbio con i Musei Diocesani di Massa e di Pontremoli e dal quale è emerso come sia ancora ambizioso l’obiettivo di fare piena luce sull’attività del Geernaert e, soprattutto, di definire il catalogo delle sue opere.
Lasciata Bruges nel 1724, iniziò un Gran Tour in Francia e in Italia: Parigi, Lione, Venezia, Roma, forse Firenze; sulla via del ritorno arrivò a Piacenza nel 1727: quella che doveva essere una sosta si trasformò in una scelta di vita. Qui sarebbe infatti rimasto fino al 1777, anno della sua morte; e qui avrebbe dato vita ad una bottega che gli storici dell’arte stanno delineando come di grande interesse e popolata da un gran numero di aiuti almeno a giudicare dalle tante opere d’arte che studi recenti ipotizzano siano uscite dalla sua mano e da quelle dei suoi collaboratori.
geernaertCome ha sottolineato Susanna Pighi (Ufficio Beni Culturali Diocesi di Piacenza) nel convegno in Palazzo Vescovile a Piacenza, “una cospicua presenza documentaria e un numero sempre crescente di opere con nuovi ritrovamenti” fanno di Jan Geernaert il più significativo e tipico artista di quel cinquantennio nel piacentino. Chiese, cappelle, oratori sparse nel territorio della Diocesi di Piacenza sembrano poter svelare la presenza di sculture da ricondurre all’opera dell’artista fiammingo o comunque uscite dalla sua bottega. Un territorio molto vasto, che confina e si compenetra in quelli delle Diocesi di Parma e Fidenza e arriva a sfiorare quelli dell’antica Diocesi di Pontremoli con le sue propaggini in Val Taro.
Nel convegno di Piacenza si sono susseguite decine di immagini di statue: un buon numero assegnate al Geernaert o in fase di attribuzione, ma anche altrettante che potrebbero comporre (speriamo presto) un ampio catalogo di quelle sculture da lui realizzate in legno e poi dorate o dipinte da artisti che ne completavano l’opera. Un catalogo nel quale confluirebbero anche quelle esistenti nel territorio pontremolese: ce ne sono di note come l’ornato che, nel Duomo, attornia la nicchia della Madonna del Popolo ma anche alcune di più recente studio.
Ne ha parlato Barbara Sisti (Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Massa Carrara – Pontremoli) che ha ricordato il ventennale percorso della ricerca sulle “Madonne Vestite” – iniziato nel 1997 con la Madonna di Valdena – e che può dirsi non ancora concluso ma che ha portato ad interessarsi delle sculture di Arzengio e Pracchiola: possono essere di Jan Geernart? Il lavoro di ricerca e studio sarà ancora lungo: “si tratta di attribuzioni ancora incerte – ha ammesso – del resto nella sua bottega l’artista fiammingo scolpiva l’opera, ma altri potevano essere intervenuti per concluderla: mancano le attestazioni documentarie e serve uno sforzo per trovarle”.
Se anche solo una parte delle decine e decine di opere che si stanno esaminando in tutto il nord Italia dovessero essere accertate come uscite da quella bottega, allora questa doveva essere estremamente organizzata e da questa potrebbero essere arrivate nel nostro territorio altre opere: “manca uno studio organizzato su Jan Geernaert a Pontremoli e in Lunigiana – ha ricordato la Sisti – ma ci sono notizie qua e là: per questo serve lavorare ad una monografia”. Tra le opere indagate vale la pena di ricordare le statue raffiguranti S. Zita (già conservata nella sacrestia della chiesa di Nostra Donna dove sono anche le quattro grandi statue monocrome raffiguranti i Profeti che attendono di essere attribuite o meno a Geernard), l’Immacolata Concezione (nella parrocchiale di Montelungo), il San Vincenzo Ferreri del Duomo o, ancora, il San Rocco della chiesa di San Giacomo del Campo (o della Misericordia).
Barbara Sisti ha avanzato alcune ipotesi: le statue di S. Zita e di S. Rocco non sembrano attribuibili al fiammingo; più vicina alla sua mano potrebbe essere la statua dell’Immacolata di Montelungo.

(Paolo Bissoli)