Con le elezioni in Abruzzo ribaltati i rapporti di forza nel governo: Lega davanti al M5S

Completata la manovra dopo il balzo vincente del partito di Salvini nelle elezioni in Abruzzo. Marco Marsilio, senatore di Fratelli d’Italia, è stato eletto presidente della Regione con il 48% davanti a Giovanni Legnini (Csx) con il 31,3% e a Sara Marcozzi (M5S) con il 20,2%. Bassa l’affluenza: al voto solo il 53,1%.

Da destra: il presidente del Consiglio dei Ministri, Conte, con i vice presidenti Salvini (Lega) e Di Maio (M5S)
Da destra: il presidente del Consiglio dei Ministri, Conte, con i vice presidenti Salvini (Lega) e Di Maio (M5S)

Nonostante i ripetuti richiami dei politici (soprattutto i “perdenti”) e di molti commentatori alla esclusiva portata locale di consultazioni elettorali a livello amministrativo – e quindi all’impossibilità di proiettarle su scala nazionale – le elezioni regionali in Abruzzo hanno fornito segnali che obbligano a riflessioni sull’incidenza che quei risultati potranno avere a livello più ampio.
A sostegno di quei richiami si può sottolineare il sistema di voto alle Regionali e le stesse dinamiche legate ai particolari rapporti presenti tra candidati e base elettorale (una “vicinanza” che nelle elezioni politiche è andata affievolendosi sempre più nel tempo, a causa di leggi che hanno reso meno pregnante il rapporto dei candidati con un determinato territorio), dunque la “simpatia” che una persona suscita può far superare i diversi orientamenti politici.
Detto questo, il momento tutto particolare che il nostro Paese sta vivendo rende quasi inevitabile una proiezione dell’Abruzzo sul più ampio panorama italiano. Le caratteristiche di un governo nato non su accordi politici ma su di un “contratto” che mette insieme diverso modi di interpretare le necessità dell’Italia hanno portato, in questi 6-8 mesi, ad una quasi quotidiana competizione tra i due leader di Lega e 5Stelle.
Ogni provvedimento è interpretato per i vantaggi che può portare ad uno o all’altro dei due partiti; i provvedimenti approvati appaiono come concessioni che una parte offre all’altra per non mandare tutto all’aria: in questa situazione difficile da sbrogliare, Salvini ha dato l’impressione di stare come un pesce nell’acqua, aumentando di continuo i consensi, mentre Di Maio appare sempre più in difficoltà e alla rincorsa di exploit che gli permettano di riguadagnare terreno.

Il sen. Marco Marsilio, neo presidente della Regione Abruzzo
Il sen. Marco Marsilio, neo presidente della Regione Abruzzo

D’altra parte, se è vero che le regionali non sono le politiche, è anche vero che i sondaggi non sono i voti veri delle elezioni. Un conto, quindi, è parlare di percentuali teoriche, altro è trovarsi a fare i conti con percentuali concrete, uscite dalle urne, e queste dicono che al momento, in Abruzzo, la Lega è volata al 27,5% (era al 14% lo scorso marzo, non era presente alle regionali del 2014) e M5S è inchiodato al 19,7%. Una vera e propria débacle rispetto alle scorse politiche, dove ottenne il 39,6%, ma comunque in calo anche rispetto al 2014, dove era salito al 21,4%.
Il Partito Democratico, che nella scorsa legislatura guidava la Regione con una coalizione di centro-sinistra, ha ottenuto l’11,1% a fronte del 13,7% delle politiche del 2018 e del 25,4 delle regionali del 2014. Un “limbo” che conferma lo smarrimento di un partito che un anno dopo la batosta non è ancora riuscito a completare (lo farà solo nelle prossime settimane) le procedure necessarie alla scelta del nuovo segretario.
Il quadro definitivo dei risultati dice che Marco Marsilio, senatore di Fratelli d’Italia, è stato eletto presidente della Regione Abruzzo con la coalizione di centro-destra con il 48,03% dei consensi. L’ex-vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, candidato dal centro-sinistra, ha ottenuto il 31,28%; Sara Marcozzi, in lizza per il Movimento 5 Stelle, ha ricevuto il 20,20% dei voti.
A pesare, però, è la percentuale dei votanti, un dato negativo di cui nessuno quasi parla più perché è diventato endemico: ha votato il 53,1% degli elettori; un ulteriore calo dell’8,43% rispetto al già basso 61,55% della precedente tornata. Ciò conferma la tendenza espressa dai sondaggi che indicano attorno al 40% gli indecisi sulla scelta di voto.
Alle affermazioni di Salvini e Di Maio, che dichiarano che niente cambia per il governo, pochi credono, guardando all’appuntamento europeo di maggio come ad un punto di svolta cruciale per le sorti del governo. Se i venti che spirano dall’Abruzzo dovessero trovare conferma, riuscirà Salvini a resistere alla seduzione di una crisi che lo proietterebbe verso nuove elezioni politiche a capo di un centrodestra in cui, obtorto collo, Berlusconi e Forza Italia sarebbero destinati alla condizione di gregari? (a.r.)