I conflitti sociali e la buona politica

Il secondo incontro della Scuola diocesana di formazione politica

07sfipsL’Italia è sostanzialmente un Paese fermo da trent’anni. Lo dicono i principali indicatori socio-economici – Pil, tasso di disoccupazione, debito pubblico – che testimoniano ancora una volta che, senza politiche coraggiose e di lungo periodo, si resta dentro “il cortile delle clientele”, delle manovre tampone e dei provvedimenti di emergenza.
Sono alcuni tratti e considerazioni dell’analisi lucida ma impietosa, svolta dal prof. David Natali, politologo e docente di Politiche comparate alla Scuola “S. Anna” di Pisa, di fronte agli studenti della Scuola diocesana di formazione politica, lo scorso 8 febbraio.
I sistemi politici e le istituzioni democratiche del nostro tempo devono fronteggiare oggi nuovi “nemici”, rappresentati dal fenomeno del populismo e, più in generale, da un processo di delegittimazione della politica senza precedenti: sia che si faccia leva sul lato economico, scatenando le proteste contro le misure di austerità, sia che si agiti la questione migratoria, cavalcando il leitmotiv dell’invasione dei migranti, tutto questo genera conflitti sociali che, se trascurati, portano (ma ci siamo già dentro) alla disaffezione e al disinteresse per la politica.
Secondo il prof. Natali, in realtà, la crisi socio-economica parte da lontano, da quando negli anni ’70 si fece a livello mondiale la scelta di abbracciare politiche neo-liberiste nella convinzione che il mercato riuscisse a regolare tutto. C’è, poi, una crisi economica che, letteralmente, ha confinato porzioni della classe media dentro una condizione di povertà, aumentando le disuguaglianze a favore dei più abbienti. Infine, pesa lo sviluppo di una crisi dovuta al fenomeno delle migrazioni, che se nel nostro Paese è iniziato in ritardo rispetto ad altri Stati europei, esplodendo negli ultimi 15 anni, e che negli ultimi tempi si è affievolito.
Gli effetti sull’economia, che molti studi affermano essere rilevanti in senso positivo, sono invece percepiti come negativi da molti cittadini che sposano in modo acritico la teoria di una “invasione” in atto da parte dei migranti. Se a questo si unisce la cronica assenza di politiche di ampio respiro, che non si fermano ad una piccola clientela politica, ecco la fotografia dell’Italia come un paese fermo e con poche prospettive di sviluppo e ripresa: carenti le infrastrutture, gli investimenti, le strade per un rilancio.
E l’Europa in tutto questo? Le prossime elezioni che a maggio rinnoveranno il Parlamento Europeo, a detta di Natali, saranno decisive per il percorso di integrazione europea, non escludendo anche una brusca frenata: i partiti sapranno ricucire il loro rapporto di fiducia con i cittadini, oppure cercheranno il loro consenso in base a quanti “like” o visualizzazioni riescono ad ottenere sui social network? (df)